venerdì 18 luglio 2008

Bolzaneto, tutelata la catena di comando

Da Il manifesto di oggi

Bolzaneto, tutelata la catena di comando

di Vittorio Agnoletto*

Il tribunale di Genova ha riconosciuto che le vittime hanno raccontato la verità, a Bolzaneto vi sono state le violenze che abbiamo ascoltato in questi mesi nelle aule del tribunale ligure . La stessa verità che da quel maledetto luglio il GSF e tutto il movimento hanno continuato a ripetere.

Decidendo che le vittime hanno diritto ad un risarcimento, che sarà poi definito in sede civile, i giudici hanno riconosciuto come verità giudiziaria quanto fino ad ora era una verità affermata da chi quelle violenze le aveva subite. Nessuno d'ora in avanti potrà più mettere in dubbio quello che è accaduto dentro quella caserma trasformata in un girone infernale.

L'obbligo rivolto ai ministeri dell'Interno e della Giustizia di partecipare direttamente ai risarcimenti acquista un preciso significato politico: vi sono anche responsabilità politiche per quello che in quei giorni è accaduto a Bolzaneto e queste responsabilità vanno ricercate nei ministeri diretti allora da Scajola e Castelli. Ed infatti l'avvocatura dello Stato, proprio per evitare di ritrovarsi in questa imbarazzante situazione dai forti significati politici, aveva dichiarato, durante il dibattimento, di non voler assumersi alcuna responsabilità nei risarcimenti.

Per questo appaiono ingiustificate le dichiarazioni con le quali Castelli cerca di far emergere dalla sentenza del tribunale un'assoluta estraneità ed una piena assoluzione per i vertici politici di allora.

Ma proprio il fatto che la Corte non abbia messo in discussione le testimonianze delle vittime rende ancora più inaccettabile la sentenza; appaiono evidenti le compatibilità dentro le quali si è mossa la Corte ed il loro preciso significato politico.

I fatti sono veri, le violenze vi sono state, ma nella maggioranza dei casi non sappiamo chi le ha commesse e comunque sono episodi che non prevedono delle aggravanti a carico di chi è stato giudicato colpevole.

Questa in estrema sintesi è stata la posizione del collegio giudicante; quindi per i giudici il taglio di capelli di Taline Ender e Saida Teresa Magana, lo strappo della mano divaricata a forza di Giuseppe Azzolina, il cappellino con falce e un pene al posto del martello fatto indossare a Thorsten Meyer Hinnric, la testa nella tazza del cesso, le minacce di morte, di sodomia e di stupro non sono reati gravi, non sono comportamenti in contrasto con le convenzione internazionale sui diritti umani, non sono violenze per le quali deve essere contestato il reato l'abuso d' ufficio doloso, indicato dai pubblici ministeri in sostituzione del reato di tortura non ancora previsto dal nostro ordinamento giudiziario. Solo ad Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria, infatti, i giudici hanno confermato l' impostazione accusatoria, confermando il reato di abuso d'ufficio.

In nessun altro Paese dell'Europa occidentale potrebbero essere accettate simili affermazioni.

Quando nella commissione Diritti Umani del parlamento europeo discutiamo ad esempio della Turchia comportamenti simili a quelli verificatisi a Bolzaneto e nelle giornate genovesi vengono considerati in contrasto con l'acquis comunitario (l'insieme dei diritti e degli obblighi dei paesi UE) e vanno ad aggiungersi ai molti ostacoli che fino ad ora hanno reso impossibile dare il via libera all'entrata della Turchia nell'UE.

Risibile appare l'entità delle condanne attribuite, solo per fare alcuni esempi, a Perugini e al dott. Toccafondi, se paragonate con la quantità delle precise e documentate testimonianze a loro carico. Per non parlare dell'assoluzione dell'allora colonnello della polizia penitenziaria, oggi generale, Oronzo Doria, non a caso il più in alto in grado tra gli ufficiali presenti a Bolzaneto. Sono stati condannati, e con il minimo della pena, solo coloro per i quali non vi era alcuna possibilità di negare le responsabilità dirette in atti di assoluta illegalità

L'omertà diffusa a tutti i livelli tra le varie forze dell'ordine coinvolte a Bolzaneto, omertà più volte denunciata dai pubblici ministeri, anziché essere indicata dai giudici come colpa grave da addebitare anche ai piani alti dei responsabili dell'ordine pubblico è stata utilizzata per attribuire trenta assoluzioni.

I giudici, con il già citato coinvolgimento di due ministeri nell'obbligo del risarcimento, hanno lasciato aperto, ma senza entrare nel merito, il dibattito su eventuali responsabilità politiche, ma hanno tutelato in ogni modo tutta la catena di comando delle forze dell'ordine.

Ed è questo l'aspetto più grave di quanto accaduto lunedì a Genova e fortemente sottovalutato dagli organi d'informazione. Come avviene da decenni in Italia ogni volta che sotto processo finiscono degli uomini in divisa scattano, dentro e fuori dalle aule del tribunale, meccanismi ormai ben collaudati tesi a negare ogni responsabilità e a evitare ogni permanenza in carcere, dei poliziotti, dei carabinieri e degli agenti dei servizi segreti. Potremmo riempire una pagina per ricordare tali episodi: da piazza Fontana alla morte di Roberto Franceschi, dall'assassinio di Luca Rossi a quello di Carlo Giuliani e di Federico Aldrovandi, solo per citarne alcuni.

E quando qualcuno tra i tutori dell'ordine finisce in carcere il più delle volte è per aver perso il confronto interno con una cordata più forte.

Ma questa volta la partita è ancora più grande; la sentenza di ieri guarda ostinatamente al processo della Diaz che arriverà a conclusione tra qualche mese: lì la catena di comando della polizia è direttamente coinvolta fino al massimo grado. Fino agli intoccabili.

Coloro che nel luglio del 2001 avevano la responsabilità massima dell'ordine pubblico a Genova e che poi in questi anni, con la compiacenza di tutti i governi che si sono succeduti, hanno dispiegato una ragnatela che non lascia fuori nessun settore delle nostre forze dell'ordine e dei nostri servizi.

Questa è la linea invalicabile di fronte alla quale si è fermata la sentenza su Bolzaneto; una sentenza che colpisce pesantemente anche tutti coloro, e ce ne sono tanti, che nella magistratura o tra le forze dell'ordine cercano di far rispettare i valori della nostra Costituzione.

Questa è la linea di fronte alla quale il mondo politico, quasi nella sua totalità, si arresta impaurito o deferente come si è potuto vedere per l'ennesima volta in occasione della mancata istituzione della commissione d'inchiesta.

Questo è un aspetto non secondario della questione democratica in Italia, che in troppi si ostinano a non voler vedere.

*Europarlamentare Sinistra Europea/Rifondazione Comunista, ex portavoce del GSF a Genova nel luglio 2001

"Com´è dura vincere le resistenze della sanità"

"Com´è dura vincere le resistenze della sanità"

Artesio e la solitudine di un assessore: anche i consiglieri finiscono per difendere il particolare
I segnali che ho ricevuto dai direttori generali delle Asl piemontesi sono alterni, talvolta poco incoraggianti

La mia bussola resta lo strumento regionale: quelli sono gli obiettivi chiave, nell´equilibrio del bilancio

SARA STRIPPOLI - La Repubblica

Assessore Eleonora Artesio, i direttori generali hanno consegnato gli atti aziendali. É soddisfatta?
«Diciamo che i primi segnali sono alterni, talvolta non incoraggianti. In questi giorni ho i colloqui con i direttori generali e finirò il 26 luglio. L´atto aziendale rappresenta l´architettura necessaria per realizzare gli obiettivi del piano sanitario. Le scelte organizzative devono essere strategiche, coerenti».
Sta dicendo che in quello che ha visto finora manca la strategia?
«Permangono le vecchie resistenze e stentano ad affermarsi le nuove competenze. Quando ci si incontra nei congressi scientifici tutti riconoscono l´importanza di organizzare il percorso terapeutico del paziente secondo l´intensità assistenziale, che vuol dire seguire la persona dal medico di famiglia alle terapie ambulatoriali alla gestione ospedaliera nelle manifestazioni acuta al rientro a casa. Quando però ci si confronta sui modelli organizzativi, il linguaggio cambia e il centro diventa il numero delle strutture semplici o complesse, il peso di queste strutture nei dipartimenti, il numero di letti assegnato alle strutture».
I direttori generali temono di perdere consenso politico?
«I verbali delle commissioni consiliari regionali confermano che in molti casi sono rappresentate più le singole aspettative che il disegno generale. Faccio un esempio concreto: venerdì scorso in commissione si doveva discutere l´assestamento di bilancio e ci si è invece intrattenuti per oltre due ore sul numero delle strutture semplici contenute nell´atto aziendale di Alessandria».
La politica predica bene e razzola male?
«La politica non può pretendere dai propri direttori generali rigore nei conti ed equilibrio nei modelli gestionali, se poi si dimostra fluttuante e influenzabile. Osvaldo Napoli, parlamentare del pdl eletto a Giaveno, critica la gestione regionale della sanità dicendo che il ricorso al taglio delle indennità comunali è conseguenza dei costi della sanità, ma non ha lo stesso tipo di preoccupazione quando conduce a casa sua una battaglia sostenendo che noi vogliamo chiudere l´ospedale. Quando peraltro non è vero, vogliamo soltanto riorganizzare sulla base delle esigenze di un territorio più ampio».
È vero, come dicono i rumors di corridoio che per una struttura semplice sono arrivate telefonate dal parlamento?
«No comment».
Lei si sente sola in questa battaglia?
«Non c´è solitudine rispetto agli obiettivi da perseguire, certamente non verso la presidente e la giunta. A volte c´è solitudine, anche in Consiglio, nel far comprendere la complessità di questo percorso cominciato con il piano sanitario. Per quel che mi riguarda, la bussola sarà sempre l´aderenza con gli obiettivi del piano sanitario da perseguire nell´equilibrio di bilancio».
Senza pretendere una pagella, dove ha visto gli sforzi maggiori?
«Direi nelle aziende ospedaliere universitarie, Molinette e ospedale di Novara. Ma anche il Mauriziano, che ridisegna la propria strategia anche in funzione del distacco da Candiolo. Dovendo trovare una mediazione con la parte universitaria i direttori generali hanno dovuto governare una maggiore complessità».
Come sono andate le due aziende torinesi? Sulla To1 si annunciavano riduzioni e cambiamenti che avevano messo in fibrillazione medici e primari. Poi sono stati gli infermieri a protestare, come al Martini. Alla fine ad essere penalizzati sono stati i più deboli?
«In effetti negli incontri con i direttori comincio sempre chiedendo il loro piano di stabilizzazione del personale. Il tema del superamento della precarietà è molto importante. La Regione ha deliberato l´applicazione delle norme della precedente finanziaria che consentivano la stabilizzazione, si tratta adesso di applicarlo. La situazione torinese è comunque molto specifica, perché le due aziende agiscono su un territorio comune. C´è l´esigenza di uniformare e questo limita in parte l´autonomia. Parlo anche solo degli adeguamenti economici del personale. Ed è andata così anche per le scelte dei dipartimenti di salute mentale e delle dipendenze. Un´azienda ha finito per essere specchio dell´altra».

CONVOCAZIONE COMITATO POLITICO FEDERALE

il Comitato Politico Federale è convocato per:

MERCOLEDI’ 30 LUGLIO DALLE ORE 21.00 ALLE ORE 23.00

Presso

LA FEDERAZIONE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

CUNEO, VIA SALUZZO 28

Con il seguente Ordine del Giorno:

Relazione sull’andamento del Congresso Nazionale di Rifondazione Comunista (Chianciano 24-27 luglio 2008) da parte del delegato della Federazione di Cuneo, Compagno Sergio Dalmasso


Come sempre il Comitato Politico è aperto a tutte e tutti gli iscritti.


Fabio Panero

martedì 15 luglio 2008

Bolzaneto, giustizia negata: nessuna tortura nella caserma

da Liberazione 15/07/2008

Una sentenza che nega i gravi fatti accaduti. Chiesti 76 anni, condannati in 15 a 24. Grazie alla prescrizione, nessuno pagherà


di Checchino Antonini - Genova (nostro inviato)


Quindici condannati e 30 assolti dopo 11 ore di Camera di consiglio. Quando il giudice Delucchi legge la lunga sentenza sono in molti a scuotere la testa nei banchi occupati dalle parti civili e dai loro legali. Un calcolo sommario arriva a contare 24 anni complessivi comminati a un terzo dei 45 imputati, pene quasi tutte condonate, aggravanti tutte escluse. E nessuno è stato condannato per falso ideologico, l'unico reato che avrebbe resistito alla prescrizione. Una sentenza che nei fatti non riconosce le torture ma soltanto alcuni maltrattamenti specifici. «Ma le torture ci sono state - spiega Sara Busoli, uno dei legali di parte civile - lo dimostra il fatto che sono stati trasmessi alla Procura gli atti delle testimonianze di alcuni poliziotti e di alcuni sanitari dell'Amministrazione penitenziaria». Insomma le torture ci furono, le polizie e il Dap hanno provato a coprirle.

La concessione delle provvisionali, ossia l'anticipo del risarcimento danni che dovrà essere deciso in separato giudizio, stanno a significare che questa è una sentenza complessa da leggere a vari livelli. Il primo è certamente legato alla lunghezza della Camera di consiglio. Per molti osservatori è stato un modo per eludere i Tg di prima serata. Il Tribunale era sorvegliato da decine di poliziotti e carabinieri con i blindati posteggiati in maniera discreta, ma pronti a fronteggiare ogni evenienza. Poche le parti civili presenti visto che la sentenza è stata repentinamente anticipata - era prevista per lunedì prossimo - per scampare all'emendamento ammazzaprocessi in aula, tra il pubblico, molti genovesi che hanno preso parte alle iniziative di questi anni per verità e giustizia. Tra gli altri il consigliere comunale Prc Antonio Bruno, il neosegretario Paolo Scarabelli e l'eurodeputato Vittorio Agnoletto all'epoca portavoce del Genoa Social Forum.

La lettura della sentenza è stata seguita in assoluto silenzio e senza reazioni da parte del pubblico. Se il pubblico ministero, sostiene a denti stretti che l'accusa principale, comunque, ha retto, per Agnoletto è un passo avanti «ma non sufficiente: un tipico caso che al secondo grado di giudizio avrebbe permesso di scavare meglio».
Naturalmente nessuno degli imputati avrebbe mai fatto un giorno di carcere, grazie all'indulto, e la prescrizione, all'inizio del 2009, gli avrebbe perfino tolto il disturbo di ulteriori gradi di giudizio. Ma la sentenza penale apre la porta alle cause civili per i risarcimenti. Per questo l'avvocatura dello Stato aveva provato a defilarsi dalle responsabilità dei singoli, come a dire che avrebbero agito spontaneamente. Una mossa che non ha convinto né i legali delle parti civili, né il tribunale e neppure la politica, almeno quella minoranza che segue le vicende genovesi. «Comportamento vergognoso», quello dell'Avvocatura, per Agnoletto: «Lo Stato poteva costituirsi parte civile oppure venire incontro alle vittime con un meccanismo risarcitorio perché, se non ti dissoci costituendoti parte civile, o hai garantito l'impunità o, addirittura, hai ordinato certe condotte». «Di fatto - osserva Emaunele Tambuscio, avvocato del legal forum - il segnale è chiarissimo: s'è puntato alla prescrizione e non è stato attuato alcun procedimento disciplinare».

Ricapitolando, dall'ottobre del 2005, sono state oltre 180 le udienze di questo processo. I testi sfilati sono stati circa 360 e 155 le parti civili. Circa 50 sono gli avvocati di parte civile ed una sessantina i difensori degli imputati. 45 gli imputati tra generali, ufficiali, funzionari e guardie di polizia, carabinieri e polizia penitenziaria, più un drappello di medici e operatori sanitari dell'amministrazione penitanziaria. La richiesta di pene a marzo scorso, al termine di una requisitoria durata cinque udienze e dopo le testimonianze delle oltre 209 vittime su un totale di 252 arrestati, gran parte illegalmente. I pm Patrizia Petruziello e Vittorio Ranieri Miniati avevano chiesto complessivamente 76 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione. Le richieste di condanna erano contenute in 23 pagine e per leggerle il pm ha impiegato circa un'ora. La pena più alta (5 anni, 8 mesi e 5 giorni) era stata chiesta per Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria, responsabile della sicurezza del centro di detenzione provvisorio. Era il responsabile della sicurezza, ossia il capo delle guardie carcerarie, stesso mestiere che continua a svolgere a Taranto. E' stato condannato a 5 anni. Non avrebbe avuto nulla da ridire che i detenuti fossero costretti dai suoi uomini faccia al muro, in piedi: la cosiddetta posizione del cigno. Di suo si sarebbe pure levato lo sfizio di prendere a calci, pugni e manganellate alcuni degli arrestati nel corso dell'identificazione. Tra gli imputati figura, tra gli altri, Alessandro Perugini, all'epoca dei fatti vice capo della Digos di Genova, per il quale i pm avevano chiesto 3 anni e 6 mesi. E' stato condannato a 2 anni e 4 mesi. Perugini è più famoso per il cortometraggio di cui è protagonista assoluto: lui, in borghese, che prende un paio di volte la rincorsa per sfigurare meglio un minorenne di Ostia tenuto fermo da alcuni robocop travisati. Nel carcere provvisorio, Perugini, nel frattempo promosso vicequestore, era responsabile della polizia di Stato. Assolto Oronzo Doria, che era colonnello della polizia penitenziaria, ora generale. 3 anni e 2 mesi ( i pm aveva chiesto 9 mesi in più) per Massimo Luigi Pigozzi, assistente capo della polizia di Stato, accusato di aver lacerato la mano a Giuseppe Azzolina, uno degli arrestati. I medici Giacomo Toccafondi e Anna Poggi sono stati condannati rispettivamente a 1 anno e due mesi e 2 anni e 4 mesi.

Nella richiesta di pene erano stati definiti «degradanti e inumani» i trattamenti per gli ospiti di Bolzaneto nei giorni del G8 del 2001. Si sbattevano teste contro i muri, si spezzavano dita, s'infilava la testa di detenuti nel buco del water, si manganellavano persone inermi, si minacciavano le ragazze di stupro. Nella caserma della Celere di Genova, tramutata in carcere provvisorio per le retate di no global con un decreto del Guardasigilli Castelli, furono adoperati almeno quattro dei cinque trattamenti considerati inumani e degradanti, ossia tortura, dalla Corte europea di giustizia che s'è occupata della repressione britannica nell'Ulster.
Toccafondi, coordinatore dei medici, era accusato di abuso di atti d'ufficio e di diversi episodi di percosse, ingiurie e violenza privata. Se fosse passato in Senato un disegno di legge varato a Montecitorio, per il reato di tortura e per il trattamento inumano e degradante sarebbe prevista l'imprescrittibilità e le pene varierebbero da 4 a 10 anni.

PER MAGGIOR SICUREZZA OFFRI UN DITO A MARONI



TI AVEVANO PROMESSO MAGGIOR SICUREZZA e invece, tutti questi “paladini” dell'ordine (Lega Nord compresa), non si sarebbero fatti NESSUN PROBLEMA A BLOCCARE CENTOMILA PROCESSI di “minor allarme sociale” tra cui STUPRI, RAPINE, ESTORSIONE, CORRUZIONE, USURA, BANCAROTTA, OMICIDI COLPOSI PER COLPA MEDICA O PER VIOLAZIONE DEL CODICE DELLA STRADA E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, SOLO PER METTERE AL RIPARO DALLA GIUSTIZIA LE PIÙ ALTE CARICHE DELLO STATO!
In compenso hanno avviato una vera e propria SCHEDATURA DEI ROM, BAMBINI INCLUSI, a cui vengono rilevate le impronte digitali (E compresi gli stessi cittadini italiani e comunitari!)
Il questionario usato a Napoli, contenente domande su razza e religione, è sostanzialmente identico a quello usato a Vichy sotto occupazione Nazista. A Milano è stato schedato un anziano cittadino italiano rom sopravvissuto ai Lager Nazisti.
Settanta anni fa (14 luglio 1938) IL REGIME FASCISTA EMANAVA IL DECRETO SULLA RAZZA. La Storia la sappiamo: 500.000 ROM furono uccisi nei campi di sterminio.
TUTTO ANCHE ALLORA COMINCIÒ CON UN CENSIMENTO.
E non basta: durante i primi ottanta giorni del governo Berlusconi vorremmo ricordare:
– Lo sdoganamento dei Neo-fascisti e Neo-nazisti (l'assassinio di Nicola a Verona e le conseguenti affermazioni del Presidente della Camera Fini)
– Aggressioni a Omosessuali e Transessuali
– I Pogrom a Ponticelli contro i Rom
– Il moltiplicarsi delle ronde (giustizia “fai da te”)
– La sbandierata presenza dell'esercito nelle strade
Non solo: con il varo della manovra triennale il ministro Tremonti ha annunciato tagli alla Sanità per 6 MILIARDI di Euro nel triennio 2009-2011. L'Assessorato alla Salute Piemontese ha lavorato in questi anni per ripianare il buco delle scorse giunte di centro-destra ed eliminare i ticket (ora aboliti per i farmaci di Fascia A per tutti quelli con un reddito inferiore a 36.151€). ORA SI DEVONO REINTRODURRE???

QUESTA È LA SICUREZZA DEL GOVERNO BERLUSCONI!

Hola Paraguay


Ciao a tutt@!

Venerdì 18 e domenica 20 luglio a Savigliano si svolgerà un'iniziativa di sensibilizzazione riguardo la situazione socio-politica del Paraguay.


Il progetto è realizzato dall'associazione "La Torre" di Caramagna Piemonte, Comune di Savigliano, Vocierranti Onlus e Centro Servizi per il Volontariato.

Il venerdì alle 18:00 ci sarà il convegno con la compagna Eugenia Insurralde del P-Mas (Partito - Movimento al Socialismo) di Asuncion che da qualche mese è a Torino per studio.

Alle 21:45 ci sarà il concerto dei Lou Dalfin (occitani)

Domenica alle 21:45 ci sarà il concerto dei Kachupa (folk band) per concludere in compagnia il fine settimana.

IMPORTANTE:

durante l'iniziativa verrà allestito un banchetto presso il quale, con un minimo contributo finalizzato all'autofinanziamento, si potrà avere una spilletta realizzata sul momento con le proprie impronte digitali.

Esprimiamo la nostra indignazione esibendola "all'occhiello" .



Vi aspettiamo numerosi!

Dario.

giovedì 10 luglio 2008

Decimo campo Giovani a Boves

In occasione del X° campo Giovani 17-20 luglio 2008

presso il Palazzetto dello sport “C. Giraudo”

a Madonna dei Boschi di Boves


venerdì 18 luglio ore 21.00

spettacolo teatrale

“Rita, Peppino e gli altri”

regia di Gianni BISSACA


Sabato 19 luglio ore 10.30 - 18.00

giornata di riflessione e di incontro con la partecipazione di:

· Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

· Prof. Giovanni DE LUNA

· On.le Vittorio AGNOLETTO

Intervento di Fabio Panero al Congresso provinciale del PRC del 5 luglio 2008


Quello che si apre qui oggi è il congresso più difficile per il nostro Partito.

Nonostante l’impegno militante e spassionato di tante compagne e compagni, la sconfitta della Sinistra Arcobaleno è di dimensioni catastrofiche, un vero e proprio tracollo, una sconfitta storica. Con tre milioni di voti persi in soli due anni, la Sinistra Arcobaleno scende al 3% e non elegge nessun parlamentare. Senza dimenticare la vittoria ampia del centro-destra e la crescita di una forza razzista e xenofoba come la Lega. Durante i primi settanta giorni del governo Berlusconi vorrei ricordare l’assassinio di Verona e lo sdoganamento delle forze neofasciste e neonaziste (anche da parte delle più alte cariche dello stato), le aggressioni a omosessuali e transessuali, i pogrom a Ponticelli contro i Rom, il moltiplicarsi delle ronde (giustizia fai da te) la sbandierata presenza dell’esercito nelle strade per riportare l’ordine, le impronte digitali per i bambini ROM fino ad arrivare al vero capolavoro sulla sicurezza: IL DECRETO "SALVA PREMIER": 100 mila processi bloccati di “minor allarme sociale” (corruzione, estorsione, rapine, stupri, bancarotta, usura, omicidi colposi per colpa medica o per violazione del codice della strada, associazioni a delinquere) per mettere al riparo le più alte cariche dello stato.

Si stanno rimettendo in discussione libertà democratiche che sembravano intangibili.

Rifondazione Comunista, la forza politica che più di altri ha creduto nel progetto della Sinistra Arcobaleno, ne esce distrutta, e lo spettacolo pietoso offerto da alcuni pseudo-dirigenti non migliora il quadro.

Il Partito Democratico, evoluzione moderata del vecchio Ulivo, esce anch’esso sconfitto dal voto: perde il governo del Paese e consegna alla destra neofascista persino la città di Roma. Lo spostamento a destra nel “senso comune” del paese e anche del popolo di sinistra non è solo il risultato di una forte capacità di penetrazione mediatica e culturale della destra, ma è anche conseguenza dell’involuzione politica del Pd (e dello stesso centro-sinistra), che non solo ha contribuito a rendere sempre meno evidenti le differenze politiche sostanziali dal centrodestra, ma ha anche finito con il favorire la penetrazione delle ideologie di destra all’interno dello stesso popolo della sinistra. Paradigmatica, da questo punto di vista, è stata sia l’avanzata della Lega al nord che la vittoria di An a Roma, dove la profonda delusione popolare per le politiche economiche e sociali del centro-sinistra, coniugata all’evoluzione securitaria del Pd (anche a Cuneo c’è cascato votando l’Ordine del Giorno della Lega), ha favorito il passaggio di una parte consistente di elettorato popolare alla destra.
La Sinistra Arcobaleno non è stata un incidente di percorso, un errore tattico né una parentesi che si possa chiudere così facilmente: è stata la conclusione di un lungo processo di diluizione dell’autonomia del Prc e dei suoi connotati comunisti, anticapitalisti e di classe.

In provincia di Cuneo la Sinistra Arcobaleno raccoglie al Senato un misero 2,12% pari a 7059 voti, alla Camera il 2,19% con 7889 voti (solo Rifondazione Comunista due anni fa era al 5% al Senato, con Circoli territoriali nelle principali città ed oltre 300 iscritti, un piccolo Partito che funzionava)

Alla Camera Rifondazione Comunista partiva dal 4,02% pari a 14980 voti.

Un tracollo catastrofico, aggravato qui dalla perdita di tanti magnifici Compagni: prima con Ferrando poi con Sinistra Critica, perdite dolorose perché la nostra unica ricchezza è la militanza, scissioni dovute sempre e comunque a scelte nazionali che ci sono cadute sulla testa. Ancora peggio coloro che se ne sono tornati a casa, delusi, sconfitti.

Necessario bilancio politico, guai a far finta che non sia successo nulla!

Dal mio punto di vista la causa principale del tracollo del nostro Partito risiede con ogni evidenza nella linea della partecipazione al governo, decisa al Congresso di Venezia con il 59% di voti contro il 41%. In quel congresso si respinsero tutte le proposte di gestione unitaria del partito, anche quelle che vennero avanzate da esponenti della maggioranza e si mise l’ampia minoranza del Prc fuori dalla segreteria nazionale e dalla gestione del partito. E’ assolutamente inevitabile, quindi, una seria riflessione autocritica sulla gestione del Partito a livello nazionale: vorrei con un pizzico d’orgoglio portare ad esempio la nostra Federazione, dove, unica in Italia, vinse l’allora quarto documento, ma la gestione fu assolutamente unitaria, fin dall’elezione della segretaria provinciale. . Solo quei comunisti che sanno ripensare se stessi autocriticamente sono in grado di guardare al futuro.

La scelta di partecipazione al governo con Ministri e sottosegretari , motivata con la tesi della permeabilità del centro-sinistra ai movimenti, ha deluso tutte le aspettative di cambiamento e di giustizia sociale. Un governo che, con la nostra partecipazione , ha tradito i lavoratori, i precari e i pensionati: invece che aumentare i salari e le pensioni e ridurre la povertà e l’insicurezza sociale crescente, ha favorito, sotto i dettami di Confindustria e del Fondo Monetario Internazionale, solo le grandi imprese, banche e assicurazioni. Ha eliminato il cuneo fiscale, regalando miliardi di euro alle imprese, e ha prodotto un accordo concertativo su pensioni e welfare, sdoganando la legge 30 senza abrogarla e aumentando ulteriormente l’età pensionabile senza abolire lo scalone Maroni, come promesso in campagna elettorale. Un governo che, con la nostra partecipazione e corresponsabilità, ha tradito gli immigrati introducendo nuove vessazioni securitarie, senza abrogare la legge Bossi-Fini e senza dare il diritto di voto. E’ venuto meno agli impegni elettorali sui diritti civili non riuscendo neanche ad approvare una legge sulle coppie di fatto, per la subalternità alle pressioni del Vaticano. Ha deluso il movimento per la pace, aumentando vertiginosamente le spese militari, proseguendo la missione di guerra italiana in Afghanistan, acconsentendo alla installazione dello scudo stellare di Bush, alla base americana di Vicenza e all’indipendenza del Kosovo, in obbedienza agli ordini della Nato e dell’imperialismo americano. Per parlare solo delle questioni principali, senza voler dire niente della Tav in Val di Susa, (tornata oggi alla ribalta, purtroppo!) della vicenda dei rifiuti in Campania, dei provvedimenti securitari del centro-sinistra a Bologna, Firenze ed altre città.

La profonda delusione e il crollo di fiducia, che si erano avvertiti sin dai primi provvedimenti del governo, ha prodotto l’attuale vittoria della destra ed ha colpito soprattutto le forze di sinistra e in particolare Rifondazione Comunista.

I segnali di rottura con il nostro elettorato e con i movimenti erano chiari da tempo. Già le elezioni amministrative di un anno fa avevano visto la perdita secca di due terzi del nostro elettorato rispetto al 2006 (a Cuneo città passammo, dopo una campagna elettorale condotta in maniera incredibile e la vittoria al primo turno di Valmaggia, caso assai raro nel nord italia) dal 4,9% delle politiche al 3,2& delle amministrative, pur avendo in città una certa presenza), così come la riuscita manifestazione contro Bush autoconvocata dai movimenti e il contemporaneo fallimento di Piazza del Popolo erano il chiaro segnale di una rottura profonda con i movimenti. Per non parlare dell’accoglienza a Mirafiori.

La decisione di presentare il simbolo della Sinistra Arcobaleno è stata presa cancellando del tutto la partecipazione degli iscritti, dei circoli e delle federazioni, con una logica giunta persino a interrompere e rinviare il congresso già avviato, congresso che andava svolto molto prima, così come chiese il Comitato Politico di questa federazione.

Cosa fare: alcune proposte.

Innanzitutto è necessario guardare in faccia la realtà, anche se essa è molto brutta, altrimenti le soluzioni sono peggio del male. La sconfitta è pesantissima. C’è grande sconforto, paura, rabbia. Se non c’è una rottura di continuità, se non c’è un progetto nuovo, motivante, di rilancio dell’impresa che cominciammo 18 anni fa il rischio di auto-dissolversi è grosso. Le nubi che si stagliano all’orizzonte dovute allo scontro fortissimo in atto nel ex-gruppo dirigente (Ferrero-Vendola) non presuppone nulla di buono. Alle Compagne ed ai Compagni che si prenderanno delle piccole e grandi responsabilità a livello locale occorreranno nervi saldi e tanta pazienza.

Per me è inaccettabile la falsa dicotomia secondo la quale rimettere in piedi Rifondazione Comunista equivale ad essere settari-identitari-nostalgici, forse sono anche “drogato” dal fatto che per me Rifondazione non è solo passione politica, non è solo il piatto in cui mangio ma rappresenta la mia vita degli ultimi 14 anni, un’esperienza totalizzante, le mie migliori speranze di costruttore, la mia comunità, insomma tutto quello che ho. Ogni Compagno perso, ogni compagno che gira la faccia dall’altra parte, ogni tentativo di distruggere questa splendida esperienza forse lo vivo come qualcosa che và al di là della semplice organizzazione partitica.

Come non vedere a questo riguardo che all'origine della disfatta elettorale figura non solo il fallimentare bilancio della partecipazione al governo ma, al pari e più ancora di esso, il suo coincidere con la fase di maggiore disarticolazione del partito, proprio in un momento in cui la funzione delle sue strutture sarebbe stata essenziale per assicurare quella comunicazione con una base disorientata e sovente abbandonata a se stessa?

Ritengo invece che più Rifondazione vuol dire più Sinistra: noi dobbiamo rapportarci con tutti a livello locale, non solo con i partiti ma con la sinistra diffusa, associazioni, gruppi, cittadini, come abbiamo sempre fatto!

I pochi Compagni che hanno partecipato ai nostri congressi di Circolo mi sembra che per la stragrande maggioranza abbiano dato questa indicazione!

Non è contraddittoria la presenza di Rifondazione e il rafforzamento della Sinistra:

rimettere in piedi i Circoli nelle città (aperti, luoghi di confronto collettivo), che ora non reggono più, ricontattare ciò che avevamo sui luoghi di lavoro, rimettere in piedi le feste. Tre anni fa nessuno di noi tanto meno il sottoscritto avrebbe pensato di ritrovarsi così mal ridotti: ma ora bisogna ripartire, il tempo del piangersi addosso è finito, ALZIAMO LA TESTA COMPAGNI: ce lo impone la dura realtà nella quale viviamo, forse il peggior governo dell’Europa. Siamo minoritari ma se oggi, parafrasando un Compagno che ammiro molto, posso alzarmi in piedi come i Contadini di Di Vittorio senza togliermi il cappello per dire ciò che penso lo devo e lo dobbiamo alle Comuniste ed ai Comunisti che in questo paese hanno lottato per anni in situazioni molto più drammatiche di oggi dove la sconfitta non era perdere il gruppo parlamentare ma perdere la vita: come non ricordarlo in una città medaglia d’oro alla Resistenza?

Le sfide sono pressanti, non c’è tempo da perdere: le provinciali il prossimo anno, le amministrative in molte città della provincia, occorre preservare e rilanciare una voce critica, occorre ricostruire una Sinistra credibile ripartendo, per quel che ci compete, da Rifondazione Comunista: facciamo però cose insieme su questioni pratiche con tutti, partiti, gruppi, associazioni, cittadini. Guai a rinchiudersi nel fortino, guai a diventare testimonianza! Ogni Compagno durante i congressi di Circolo ha potuto esprimersi, la discussione è stata buona articolata, positiva: ora però
TUTTI INSIEME AL LAVORO ED ALLA LOTTA!

EVVIVA RIFONDAZIONE COMUNISTA!

LA LIBERTA' E' COME L'ARIA

Trasmetto, in allegato, n. 1 Comunicato Stampa relativo ad un’iniziativa portata avanti dal comune di Cuneo in collaborazione con l’Associazione Libera, a.n.p.i. e associazione 33 giri LA LIBVERTA' E' COME L'ARIA ovvero il campoggio estivo che si terrà dal 24 al 27 luglio a Sant’Anna di Roccabruna.
La presentazione ufficiale dell’iniziativa si terrà venerdì 11 luglio alle ore 18,30 presso il Salone d’Onore del Palazzo Municipale di Cuneo.
Sarebbe bello che vi fosse una bella partecipazione sia per l'interesse dell'iniziativa, sia per dare un "segnale" alla città.
Fabio Panero

martedì 8 luglio 2008

RIFONDAZIONE COMUNISTA RIPARTE

COMUNICATO STAMPA

RIFONDAZIONE COMUNISTA RIPARTE

Il Partito della Rifondazione Comunista è impegnato nel suo VII Congresso nazionale che si terrà a Chianciano Terme (Siena) dal 24 al 27 luglio: in ambito provinciale la Federazione Cuneese ha celebrato il suo Congresso sabato 5 luglio a Cuneo presso il centro incontri della provincia, a conclusione dei vari Congressi locali di Circolo, congressi con una discussione serena e approfondita dopo la grave sconfitta elettorale, il risultato delle diverse mozioni congressuali è stato il seguente: il terzo documento detto dei "cento circoli" sostenuto tra gli altri dal Consigliere Regionale Sergio Dalmasso ha totalizzato il 56,1% dei voti, il primo documento (Ferrero) il 26,8% mentre il secondo documento (Vendola) il 9,8%.
Il quarto documento (Falce e martello) ha invece totalizzato il 7,3% dei voti nei vari congressi locali, gli astenuti sono stati 8 mentre nessuno ha votato il quinto documento (De Cesaris).

In base a questi risultati la Direzione provinciale del Partito risulta così composta: Fabio Panero, ( 35 anni, Consigliere Comunale a Cuneo ) è stato riconfermato Segretario Provinciale, Nello Fierro, (Coordinatore Provinciale dei Giovani), Antonella Garneri, Ivan Di Giambattista (Consigliere Provinciale PRC eletto Presidente del Collegio Provinciale di Garanzia) Marco Albarello, Sergio Dalmasso (Consigliere Regionale del PRC) Giuseppe Sarno (Segretario Circolo di Bra) Nicola Mattei (Segretario del Circolo di Cuneo) Gabriella Barberis (Segretaria del Circolo di Mondovì) Livio Marengo (Segretario del Circolo di Saluzzo) e Pasero Antonio.

Sergio Dalmasso sarà il Delegato cuneese al Congresso Nazionale, mentre Fabio Panero, Nicola Mattei, Giancarlo Murino e Marco Albarello saranno i Delegati al Congresso Regionale che si terrà in autunno.


lunedì 7 luglio 2008

mercoledì 2 luglio 2008

Dal Circolo di Mondovi': Volantini sulle nuove norme sullo STRAORDINARIO


Nota del Circolo "Dante di Nanni", Mondovì sulla DETASSAZIONE degli STRAORDINARI

Il governo Berlusconi il 21 Maggio ha avviato un processo di detassazione degli straordinari. Poco dopo, l’11 Giugno, l’Unione Europea ha dato il via libera alla direttiva che estende a 60 ore l’orario di lavoro settimanale su base volontaria ed individuale. In Italia proprio l’11 Giugno morivano nove operai (sei contemporaneamente presso il depuratore di Mineo in provincia di Catania) sul loro posto di lavoro. Coincidenza tragica si può pensare.

I provvedimenti adottati vengono presentati dai mass media come indispensabili per aumentare la produttività delle aziende e d’altro lato come una decisione a favore lavoratori. Suscitano il compiacimento di Vladimir Splidla (commissario europeo agli affari sociali), di Sacconi ministro del Lavoro, di Marcegaglia, presidente di Confindustria. Deboli le voci in contrasto del PD e dei sindacati. ll sindacato di fronte allo smantellamento delle conquiste dei lavoratori ed al susseguirsi di omicidi bianchi tentenna e si limita a dichiarazioni di circostanza, non ha il coraggio di proclamare uno sciopero generale.

Cerchiamo di spiegare con argomentazioni fondate ed essenziali perché questi provvedimenti non stanno affatto dalla parte dei lavoratori oltre a non essere credibili per rilanciare la produttività del Paese.


LE ORE DI STRAORDINARIO

1. Favoriscono i lavoratori più forti verso quelli più deboli e poveri, cioè donne e anziani, disabili che hanno minori possibilità di poter eseguire straordinari. Non tutti i lavoratori possono scegliere di lavorare di più. Si pensi alle donne che hanno una famiglia, come si può conciliare il lavoro straordinario con la cura dei figli ? Bel colpo alle pari opportunità! (difficile che la Ministra Carfagna lo prenda in considerazione) Il provvedimento discrimina inoltre tra lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico per i quali non è prevista alcuna detassazione.

2. Le ore di straordinario sono solo nella teoria volontarie. Spesso lo straordinario è condizione per essere assunti, in altri casi il lavoratore non può oggettivamente sottrarsene se altri sono disposti a farlo perché certi reparti produttivi possono funzionare solo con la presenza contemporanea di più dipendenti.

3. Le ore di straordinario sono pagate , in media e conti alla mano , il 15% - 25% in meno quelle ordinarie, a seconda dei settori, quindi non si capisce perchè non si cominci in primo luogo a pagarle come quelle di lavoro ordinario.

4. La detassazione dello straordinario tende a dividere i lavoratori, a intaccare le contrattazioni collettive per lasciarli soli e quindi con meno difese nei confronti delle imposizioni del datore di lavoro. Disincentiva l’occupazione perché un’impresa troverà più vantaggioso lo straordinario dell’assunzione di nuovi lavoratori.

5. Le ore di straordinario aumentano la possibilità di infortuni sul lavoro perché il lavoratore si trova in condizioni fisiche e psichiche peggiori.


LA PRODUTTIVITA’

La detassazione degli straordinari non può risolvere il problema del calo della produzione industriale italiana degli ultimi anni: una visione di questo tipo si collega infatti ad un approccio economico antiquato che basa la competitività del sistema industriale sull’abbattimento dei costi, ed, in particolare, sull’abbattimento del costo del lavoro.

Con l’affermarsi di paesi come la Cina e l’India sui mercati nazionali ed internazionali, l’abbattimento del costo del lavoro non può più essere considerato come una leva competitiva adottabile ed efficace dal sistema industriale di un paese come l’Italia. Pensare che la detassazione degli straordinari possa aiutare le imprese italiane ad essere più competitive è frutto di una visione distorta e miope della realtà.. I problemi strutturali del sistema industriale italiano potranno essere risolti puntando unicamente sulla qualità del prodotto e sull’innovazione tecnologica, elementi in cui esiste un grande potenziale in Italia. Questo potenziale è stato solo marginalmente sostenuto dal passato governo Prodi (e soprattutto dalle riforme del Ministro Bersani).

La detassazione degli straordinari incentiva solo la quantità del lavoro e non la qualità del lavoro. Per motivi ovvi, le ore di straordinario costituiscono inoltre le ore con produttività marginale inferiore: dopo le otto ore giornaliere, le ore di straordinario sono quelle in cui il lavoratore è più stanco e quindi meno produttivo (provate a vedere la produttività di una persona alla nona ora davanti ad un pc).


IL POTERE D’ACQUISTO DEI SALARI

Un'altra falsità è quella che la detassazione degli straordinari sia il metodo migliore per aumentare il potere di acquisto delle retribuzioni. Il problema delle retribuzioni da lavoro dipendente è dovuto ad mancato aumento salariale (di base e non straordinario) subito dal lavoratore dipendente negli ultimi 10 anni, e dagli aumenti dei prezzi di alcuni beni primari, successivi all’introduzione dell’euro. La detassazione degli straordinari avrà un costo enorme per la collettività ( oltre di miliardi di euro) mentre la busta paga di un metalmeccanico che guadagna 1.300 euro lordi al mese ed effettua tutte le 250 ore previste annualmente dal contratto salirà di 589 euro. 250 ore strappate al riposo, alla salute, alla famiglia.

Una bella conquista, non c’è che dire.


Circolo PRC "Dante di Nanni"- Mondovì

prc.mondovi@libero.it

SOCIETA’ PARTECIPATE: INTERVENTO AL CONSIGLIO PROVINCIALE DEL 30.06.2008

E’ già stato scritto e detto, ma occorre sottolineare, ancora una volta, che le determinazioni contenute nella proposta di delibera, derivano essenzialmente dalle disposizioni della Legge Finanziaria 2008: in particolare non è più consentito agli Enti Pubblici di costituire Società, o mantenere partecipazioni azionarie, se non per attività correlate alla propria attività istituzionale. Quindi, in sostanza, la razionalizzazione è conseguenza di disposizioni di legge, e non deriva da una volontà politica autonoma della Giunta Provinciale. Il dibattito sul come razionalizzare è invece un altro profilo della questione.
Nel prendere atto che è stato richiesto un pronunciamento ai C.d.A. delle Soc. partecipate, mi pare che non siano stati fugati i dubbi del precedente Consiglio del 28 Aprile scorso.
Mi riferisco sostanzialmente alla GEAC: auguro un futuro radioso all’aeroporto, ma occorre rilevare che: a)nonostante l’ultimo piano industriale presenti dati realistici; b) se l’aeroporto svolge il proprio servizio, ahimè, produce passività, mi chiedo: qual è il livello di sopportabilità finanziaria, anche nell’ipotesi di fusione in GEAC delle altre partecipate….?
In sostanza siamo nel solco di riflessioni che anche autorevoli membri della Maggioranza hanno fatto l’altra volta, in maniera seria e competente, mi riferisco al collega Castellengo.
Occorre inoltre riuscire a capire, nell’ambito del nuovo assetto proposto, il ruolo della nuova Società, quali sono le strategie: non si possono semplicemente assemblare delle funzioni delle precedenti partecipate; anche in merito alla gestione dei Bilanci, in caso di fusione, occorre mantenere autonome le varie attività, in maniera da facilitare, con chiarezza e trasparenza, la lettura dei Bilanci stessi.
Inoltre non capisco il ruolo giocato da SITRACI: da un lato la Società, nell’espressione del proprio parere riportato in delibera, si esprime favorevolmente all’entrata in GEAC, dando per scontata la necessità di una piattaforme logistica (quando mi pare esistano forti resistenze nel territorio); nel contempo, in una recente riunione di Commissione, ci viene detto che non è possibile connettere una nuova piattaforma con l’aeroporto di Levaldigi. Ma allora: perché SITRACI è d’accordo ad entrare in GEAC?
Ma mentre la SITRACI esprime un proprio legittimo parere, mi chiedo: qual è la strategia della Provincia? E’ semplicemente quella di APPORTARE CAPITALE FRESCO AD UNA SOCIETA’ IN DIFFICOLTA’ COME GEAC? SE COSI E’, LA STRATEGIA NON E’ CERTO LUNGIMIRANTE, erogando, in maniera surrettizia, ancora una volta, rilevanti somme di denaro pubblico.

Inoltre, per quanto riguarda ACQUEGRANDA ed AGENGRANDA è opportuna ed urgente una forte azione programmatoria, a prescindere dalle ipotesi delineate in delibera. Esistono ampie possibilità di lavoro: sappiamo del ruolo strategico dell’acqua, e del settore dell’energia, in relazione alle diverse funzioni, dall’agricoltura, ai risvolti in merito alla gestione del ciclo idrico, alle fonti rinnovabili. Perché non pensare ad uno studio in merito ad indirizzi per la gestione pubblica, con un piano operativo al riguardo, ovvero di incentivi ai privati, individuando le varie filiere settoriali?
Proprio sull’energia la provincia di Cuneo potrebbe fornire un grosso contributo di innovazione, instaurando un rapporto collaborativo con la Regione Piemonte: l’anno 2008 è stato proclamato anno dell’energia.
In sostanza occorre maggiore capacità programmatoria, maggiore slancio, voglia di sperimentazione: la vostra Giunta è invece caratterizzata da un rilevante immobilismo, con proposte inefficaci. In proposito mi sembra minimalista l’idea di un “Comitato provinciale per le risorse idriche e l’energia”: prima occorre delineare le strategie politiche da parte della Provincia, e poi si potrà concordare il lavoro in un eventuale Comitato, altrimenti assisteremmo a riunioni burocratiche, ridondanti, senza concretezza, evidenziando il ruolo passivo della Provincia.
In ultimo, ma non in relazione all’importanza: in caso decidiate la fusione, occorre la salvaguardia dei livelli occupazionali esistenti, in quanto si tratta di numeri non rilevanti e, pertanto, facilmente assorbibili anche direttamente dalla Provincia, specie negli uffici carenti di personale.

………DISCUSSIONE……..

DICHIARAZIONE DI VOTO:

Considerato:
-che non sono arrivati lumi in merito a quanto avevo richiesto sulla sopportabilità economica della gestione dell’aeroporto;
-la mancanza di strategia della Provincia in SITRACI;
-la assoluta carenza di linee strategiche nel campo dell’acqua e dell’energia,
DICHIARO IL MIO VOTO CONTRARIO.

Ivan Di Giambattista
Consigliere provinciale PRC

Osservazioni sull'intervento
SOCIETA’ PARTECIPATE: INTERVENTO AL CONSIGLIO PROVINCIALE DEL 28.04.2008

E’ opportuno evidenziare che le determinazioni contenute nella proposta di delibera, derivano essenzialmente dalle disposizioni della Legge Finanziaria 2008: in particolare non è più consentito agli Enti Pubblici di costituire Società, o mantenere partecipazioni azionarie, se non per attività correlate alla propria attività istituzionale.
E’ opportuno SOTTOLINEARLO, in quanto la percezione derivante dalla lettura dei giornali è stata quella di una volontà razionalizzatrice espressa dalla Giunta.
Altro profilo di riflessione, invece, è IL COME razionalizzare le partecipate.

L’analisi dello stato di fatto ci presenta una situazione complessa, specie in rapporto al numero e profilo dei soci, nonché ai capitali azionari della Provincia, non omogenei, nelle varie Società.
Bene ha fatto il Presidente di Commissione, che ringrazio, a raccogliere le sollecitazioni della Minoranza, in merito ad un approfondimento. Il documento sulle “Ipotesi di riassetto” ed il lavoro in Commissione hanno evidenziato l’esigenza di un aggiornamento delle finalità statutarie, qualora si dimostri la necessità del permanere delle Società; ma i dubbi emersi in Commissione si sono rivelati preponderanti rispetto alle chiarificazioni: emerge pertanto l’esigenza di un eventuale ulteriore approfondimento in merito ai limiti che emergono:
Geac (Aeroporto Levaldigi): nonostante la sobria e pragmatica gestione degli ultimi tempi, è evidente che se la scelta è quella di espletare appieno il servizio demandato alla Società, occorrono nuovi capitali: ma ciò non è possibile per l’espressione perentoria dei Comuni che non sono più disponibili ad aumenti di capitale! E allora: auguro un futuro radioso per l’aeroporto, ma il fallimento è una ipotesi plausibile, occorre pertanto una “strategia di uscita”, e non penso che possa bastare una fusione di tre Società in una.
Sitraci: il documento è perentorio: la Società non svolge attività strategica ed è inerte, pertanto le conseguenze mi sembrano logiche….
Fingranda: il limite principale è il mancato controllo della Provincia su scelte strategiche della Società e sulla individuazione degli imprenditori per le scelte di sviluppo: ciò a fronte di un rilevante valore nominale di quota della Provincia (oltre 1 milione..)
Acquegranda: il documento è tranchant, laddove si evidenzia la “scarsa operatività” della Società. Esiste tuttavia una discrasia nel dibattito sviluppatosi, in quanto si sono evidenziate due linee di pensiero: una è quella appunto espressa nel documento, che considera inutile la Società, o quantomeno le affida un semplice ruolo gestionale, che potrebbe benissimo essere svolto dagli Uffici Provinciali (notare ancora: viene rilevato che la differenza tra il valore di produzione ed il costo di produzione è NEGATIVO!!); l’altra linea di pensiero, espressione di autorevoli esponenti della Maggioranza, sottolinea invece il valore strategico della Società e la sua operatività. Mi chiedo: qual e’ la linea reale della Maggioranza??
Agengranda: se il compito è di promuovere il risparmio energetico e lo studio delle fonti alternative, il giudizio è positivo, ma allo stato reale dei fatti il problema è anzitutto capire in che maniera la Provincia detta i propri indirizzi strategici e come controlla i soggetti privati della Società, per non essere succube di linee di indirizzo non decise dall’Ente Pubblico!

Riassumendo, i problemi non risolti sono i seguenti:
-l’intento di ricapitalizzare GEAC con fusione di SITRACI e FINGRANDA non risolve le prospettive future dell’aeroporto,con il rischio di un ulteriore dispendio di risorse pubbliche, che si tradurrebbe in un aumento surrettizio di capitale nella GEAC, senza scelte strategiche;
-la confluenza di SITRACI e FINGRANDA in GEAC non risolve il problema dell’oggetto sociale della nuova ipotetica Società: quali sono le priorità che rimangono?
-non sono pregiudizialmente contrario ad un ipotetica confluenza di Acquegranda con Agengranda, ma qual è il quadro reale di Acquegranda espresso nelle due linee di pensiero prima ricordate? La Maggioranza ha le idee chiare in proposito?

A mio avviso gli indirizzi generali dovrebbero essere i seguenti:

1) Uscita dal capitale sociale della SITRACI; uscita da FINGRANDA, a meno che la Società non confluisca in altri progetti di Società, con finalità chiare e con progetti ed obiettivi verificabili nel tempo
2) Attendere ogni decisione per GEAC sulla base di una verifica a medio termine (es. 1 anno): valutare eventuali nuove opportunità di mercato, e, nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, adottare una “strategia di uscita”, anche con ipotesi di fallimento. Si metterebbe così fine allo stillicidio di risorse pubbliche. Quindi, oggi, il problema principale dell’agenda politica deve essere: che ne facciamo di Levaldigi?
3) Con le risorse risparmiate, si potrebbero attivare progetti mirati su: risparmio energetico, valorizzazione fonti alternative, valorizzazione professionalità interne, valorizzazione patrimonio ambientale e progetti di sviluppo del territorio, ed in generale, valorizzazione degli indirizzi pubblici di governo del territorio e delle risorse (a cominciare dall’acqua)
4) In ogni caso, qualora prevalesse l’indirizzo dell’accorpamento: insieme alla messa in atto di una strategia di salvaguardia dei livelli occupazionali attuali (da tradurre operativamente anche in caso di chiusura delle Società), si dovrebbe operare per la messa in atto di indirizzi che rendano chiaro come le attività connesse o collegate alle Società principali, debbano essere separate ed evidenti nei Bilanci, in maniera da evitare calderoni incomprensibili
5) Sulle nomine degli organi amministrativi: nomine trasparenti, basate su capacità professionali dimostrabili, e su curriculum, evitando che le nomine rappresentino la camera di compensazione di cariche politiche…. Lo stesso dicasi per gli incarichi di studio ed i progetti
6) Che le Società partecipate siano espressione del ruolo strategico degli Enti Pubblici, sulla base di indirizzi forti, ai quali i partner privati devono adeguarsi, e mantenendo, quindi, la possibilità di un efficace e tempestivo controllo della Provincia sulle scelte delle Società, in maniera da salvaguardare in ogni momento gli interessi della collettività.

Ivan Di Giambattista
Consigliere provinciale PRC
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