lunedì 5 maggio 2008

Primo maggio all'outlet, tra i forzati del salario festivo

Ipercoop Mondovicino
dove la festa del lavoro è il raddoppio della paga
di Maurizio Pagliassotti, tratto da "Liberazione" del 3 maggio 2008


Un altro mondo è possibile. Giovedì primo maggio, festa del lavoro e dei lavoratori, siamo a Mondovì, una piccola cittadina a pochi chilometri da Cuneo.
Una coda di auto si accalca presso le quindici nuove porte d'uscita dell'autostrada Torino-Savona. A destra, dove una volta c'erano campi di mais e cascine è sorto il tempio del consumo più grande del Piemonte, fra i maggiori in Italia: Mondovicino.
Noi chiusi dentro le nostre auto desideriamo andare lì, dove tutto è allegro e colorato, anche se un po' puzzolente di fritto. Oggi è un giorno di vacanza punto e basta, quindi si va all'outlet, che poi in italiano significa "spaccio" ma suona male. Mondovicino è bellissimo e attrae così tanto che pare non siano sufficienti quattromila e seicento posti auto per ospitare il fiume umano che si riversa in questo paradiso di plastica per girare, guardare e comprare qualcosa. Come dice la responsabile marketing: «Nei suoi primi quindi giorni di vita sono passati di qui centinaia di migliaia di persone. Arrivano perfino dalla Francia e da Torino (100 km, ndr)».
All'entrata ci sono eleganti ragazzi di colore con una pettorina arancione che danno indicazioni su come districarsi nel dedalo del parcheggio, cosa non semplice. Sono soprattutto auto di piccola cilindrata quelle parcheggiate su questo deserto d'asfalto. I Cayenne sfrecciano poco lontano sull'autostrada in direzione mare, non si fermano certo in questo centro commerciale costruito per il nuovo proletariato sub urbano, quello che alla fine si accontenta di camminare tanto e guardare i balocchi dietro le vetrine.
Il tempio ci accoglie con megacarrelli recanti la scritta "carrello costruito con plastica riciclabile". Basta giocare con le parole per darsi una mano di verde, così si accontentano anche i gusti degli ambientalisti che magari non nutrono molta simpatia per questo meteorite di cemento piantato dentro la verde pianura cuunese.
«Il primo maggio è la festa del lavoro e quindi io non lavoro ma vengo qua», dice Aldo, un ragazzo con gli occhialoni D&G che fasciano mezza scatola cranica. «Mi piace questo posto, perché c'è un sacco di gente. Andare ai cortei? Sono tristi, ci si annoia... Qui c'è tutto quello che si può desiderare». E' un tipo tosto Aldo, che continua così: «Io però lo so dove vuoi arrivare tu... I comunisti non capiscono che i tempi cambiano, che si possono fare tante cose giuste anche se il primo maggio e il venticinque aprile non vai al corteo ma all'outlet. Voi siete così, chiusi, arroccati su posizioni vecchie di cento anni. Per questo scomparite». Perché Mondovicino è meglio delle manifestazioni? «Non è meglio. Mondovicino è uguale. Sono due forme di intrattenimento simili. Qui consumiamo roba fisica, al corteo musica. Se tu mi avessi intervistato al concertone del sindacato a Roma saresti stato contento, ma dato che sono qua vuoi farmi passare per un celebroleso. Il sindacato che a voi piace tanto parla parla ma poi non proferisce parola se oggi qua dentro ci sono centinaia di persone che lavorano». Ti piacerebbe lavorare in un posto così? «No, troppo casino e frenesia. Questi posti sono belli per gli utenti e basta».
Gli occupati dentro Mondovicino sono mille e seicento di cui settecento part-time. Poco lontano da Aldo un tipo ben piazzato blocca tre ragazze con il viso acqua e sapone appena uscite da un negozio. Un rapido controllo allo scontrino, sguardi smarriti, toni gentili ma secchi.
Franco invece siede con la fidanzata nella piazza Giovanni Jemina, proprio al centro dell'outelt-spaccio. Lui è appena tornato da San Diego, Usa, dove ha studiato per qualche tempo. «Questo posto mi piace perché mi fa sperare che l'Italia diventi come l'America, moderna e felice». Per Franco non è un problema che il primo maggio ci sia gente che lavora e non festeggia: «Prendono la paga maggiorata... e poi è un po' come lavorare di domenica. Qualcuno lo deve fare!».
Mondovicino non è il solito centro commerciale: sessanta negozi, aperti sette giorni su sette dalle ore 10 alle 21, un mega Ipercoop e lo spaccio outlet costruito così bene che sembra di trovarsi davvero dentro il centro storico di un paesino piemontese: finte cascine, il portico, i travi di legno chiaro, le grondaie in rame, il porfido in cemento. La signora che trascina il carrello delle pulizie e che raccoglie pattume senza sosta per le vie dell'outlet è contenta di essere qui oggi: «Mi hanno appena assunta, alla mia età è davvero un miracolo. Non sarebbe stata affatto una vittoria se il sindacato avesse imposto la chiusura per festeggiare il primo maggio. Se uno ha bisogno di lavorare qualsiasi giorno va bene».
Come lei sembrano pensarla un po' tutti. Le cassiere dell'Ipercoop non raccolgono la battuta «anche oggi al lavoro eh!». Il massimo della contestazione è il silenzio, ma abbondano. Gli unici che protestano sono i negozianti, e in fondo hanno ragione. Se Mondovicino straripa di gente il bellissimo centro storico di Mondovì ospita qualche turista che mangia il gelato e basta. Tutto chiuso e vigili sguinzagliati a dare multe. Per i negozianti non è una questione di valori più o meno obsoleti: «Le aperture domenicali dei centro commerciali sono diventate selvagge, non esiste una regolamentazione!». Forse è per questa ragione che - come riferisce il portavoce di Mondovicino Raffaele Sasso - il sindacato non ha obiettato nulla sull'apertura dell'outlet il primo di maggio.
A Cuorgné, nord Piemonte, la Cgil ci ha provato a far pressione sull'Ipercoop del posto nel tentativo di «far rispettare una ricorrenza fondamentale per i diritti dei lavoratori» hanno anche fatto un volantinaggio davanti all'ingresso principale. Ieri era tutto aperto, massima affluenza. Almeno cento ottanta volontari al lavoro e moltitudini di consumatori in giro tra gli scaffali.

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