martedì 10 giugno 2008

Comunicato stampa ACLI Regionali

Stranieri: Acli, no al reato di immigrazione clandestina


Le Acli Piemontesi esprimono «forti preoccupazioni» per le anticipazioni sui contenuti del Pacchetto Sicurezza che il Governo si preparerebbe a varare. «I reati commessi da cittadini stranieri vanno certamente perseguiti - afferma il presidente regionale Gianni Girardo - ma non vanno demonizzati gli stranieri presenti sul territorio, come se fossero gli unici responsabili di una percezione di insicurezza che sembra ormai pervadere i cittadini italiani e gli stessi immigrati».
Non servono, secondo le Acli proclami e annunci che criminalizzano indistintamente una realtà, come l'ipotesi del ricorso all'esercito, ma politiche certe ed efficaci di sicurezza, destinate tuttavia ad essere inefficaci se non affiancate da seri interventi di riqualificazione urbana, di mediazione, di accompagnamento. Per costruire una società sicura, infatti, servono iniziative che incidano sulla qualità della vita delle persone, italiani e stranieri, che si sviluppa nei vari spazi di socializzazione: la scuola, il quartiere, il lavoro, il tempo libero.
Assolutamente contrarie le Acli all'introduzione del reato di immigrazione clandestina, una misura demagogica tanto inutile quanto pericolosa per le ricadute sul piano sociale e culturale. Come è possibile mettere insieme senza distinzioni il disagio e spesso la disperazione delle persone che lasciano le proprie case e i propri affetti con le attività illecite e criminali di chi sfrutta il fenomeno migratorio? Perché non introdurre, a questo punto, il reato di povertà?.
Sì, invece, all'emersione dei lavoratori immigrati irregolari. Si pensi alle migliaia di famiglie che hanno alle proprie dipendenze altrettante donne straniere, spesso in condizione di irregolarità, a cui però aprono le proprie case e affidano i propri anziani o i figli.
Cosa avverrebbe quindi se anche qui si ripetesse, come avvenuto in Francia, lo sciopero dei 'senza documenti'? Imprese e famiglie sarebbero fortemente penalizzate. Il governo, le amministrazioni locali sarebbero capaci di rispondere alle richieste di welfare che ne deriverebbero? Oggi il welfare di queste famiglie è 'fatto in casa' senza il supporto dello Stato, grazie anche a questi lavoratori e lavoratrici. Ci pare quindi che la soluzione più logica, in ordine alla sicurezza di tutti, sarebbe permettere l'emersione di questi lavoratori.

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