domenica 1 giugno 2008

Il fascismo tabù

Ci raccontano che alla Sapienza si è trattato di una normale rissa; ci descrivono l’omicidio di Nicola a Verona come un ‘incidente’ di una serata giovanile solo in po’ violenta; ci dicono che a Roma, nel quartiere Pigneto, si è consumata una banale controversia legata alla concorrenza sleale di commercianti di origine straniera. Scrivono che la colpa di questi ultimi è di vendere alcolici senza licenza, di portare disordine e baccano nel quartiere. Legittime dunque le ragioni di chi, ‘onesto’ cittadino italiano, se la prende (in maniera un po’ grossolana) con i negozi ‘non ariani’ distruggendoli a sprangate. Un po’ di ordine, non se ne può più di tutto questo casino.

Comprendiamo, legittimiamo e non ci scandalizziamo dello loro reazioni. Il disagio di noi italiani. Come i ‘bravi’ ed ‘onesti’ cittadini napoletani che hanno sfasciato e incendiato il campo rom di Ponticelli. Disordine, sporcizia, rumore, basta con le diversità! Tutto questo non è accettabile in un paese civile. Ha ragione Bossi: “I cittadini arrivano dove lo Stato non riesce!”. Bravo! E giù applausi.

Ci raccontano che tutto è normale, episodi isolati che rientrano in un normale e accettabile susseguirsi degli eventi. Non lo chiamano fascismo dilagante, per loro sono leciti e prevedibili incidenti da non condannare troppo e da non collegare tra loro. Ma per chi, come noi, ha imparato una delle tante lezioni pasoliniane, tutto è diverso. Ci ha insegnato che chi ricerca la verità “cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.” Pasolini scriveva “Io so”, noi urliamo “Noi sappiamo!”.

Sappiamo che il fascismo è un cancro che corrode le menti e abbruttisce le coscienze. E’ quel germe d’intolleranza e razzismo che vede nel diverso il nemico da annientare; è quella ‘morale’ di vita che fa della prevaricazione sul più debole la sua essenza; è rifiuto dell’uguaglianza come principio di convivenza; è l’arroganza di una presunta superiorità, è ignoranza; è la violenza allo stato puro. Insulto alla memoria, oltraggio alla verità! Per noi, come avrebbe scritto qualcuno “Il fascismo è una montagna di merda!”.

Allora noi, pericolosi estremisti, abbiamo deciso di chiamare le cose con il loro nome.

E’ fascismo, nella sua forma più subdola, quel virus che uccide la nostra democrazia, infetta il nostro paese.

E’ fascismo l’aggressione a ragazzi e ragazze che lottano, impedendo di parlare, a chi professa razzismo, xenofobia, omofobia e pratiche violente.

E’ fascismo l’omicidio di Nicola a Verona.

Sono fascismo le vetrine sfasciate a Roma.

E’ fascismo il pogrom di Ponticelli.

Un fascismo peggiore di qualunque altro cha ha fatto il salto di qualità. Non ha più il bisogno di essere rivendicato, ostentato. E’ parte integrante di menti, corpi, coscienze.

Per chi, come noi, non crede che il fascismo sia solo un modello politico e organizzativo di uno Stato – un’esperienza recintabile nel ventennio – oggi comincia ad avere seriamente paura.

Alla rimpatriata per la vittoria di Alemanno nessuno dei giovani neo-post fascisti si rifaceva al ventennio, ne incarnano però il più fetido feticcio.

Contro questa deriva la nostra lotta diventa sopravvivenza, non tanto in quanto compagni e compagne, ragazzi e ragazze di sinistra, ma in quanto cittadini democratici. A questo fascismo – cancro delle menti – non possiamo che opporre le nostre pratiche: partecipazione; inclusione; solidarietà, ricostruzione di legami sociali; le ragioni della ragione contro le ragioni della forza: nonviolenza.

Il fascismo – quello del ventennio – prese piede in un paese in profonda crisi, senza prospettive, dove la politica era incapace di dare risposte.

La storia la conosciamo, il presente lo indaghiamo, il futuro lo costruiamo. Non abbiamo scuse. Nelle strade, nei quartieri, nelle piazze diamo bellezza, passione, vitalità, corpo “al Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico.”

Andrea Aimar

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