lunedì 1 settembre 2008

Riflessioni sul comunismo

Sarà che non capisco molto del mondo e delle cose, ma mi sembra una domanda senza senso quando molte persone si chiedono se oggi abbia ancora senso dirsi e sentirsi comunisti.
Il comunismo infatti non è solo il principio ispiratore della filosofia di Karl Marx, ma è una vocazione naturale dell’uomo, quand’egli volesse esprimere “umanità” e non “bestialità”.

Il razzismo, il sessismo, lo sfruttamento, il ricorso alla forza, alla violenza, allo stragismo e alla guerra, infatti, sono tante parvenze di un’unica medaglia: la scomparsa dell’ideale comunista dalle menti umane.
Senza stare a prendere come esempio la politica, basta guardare allo stile di vita di ciascuno di noi per vedere che vestiamo americano, mangiamo americano, ragioniamo americano, ci stressiamo tutti per imparare la lingua americana, con milioni di lingue che esistono nel mondo.
Perchè?
Perchè l’America oggi è considerata il miglior esempio della migliore vita possibile per l’uomo.
Ma tutti noi possiamo facilmente capire che se l’America è il migliore dei mondi immaginabili per l’uomo, allora la nostra evoluzione non è che abbia ricevuto così grandi scossoni. Storicamente l’America (intendo il faro dell’occidente: gli Stati Uniti) ha nella sua cultura l’esaltazione dell’individuo, il self-made-man, colui che si è arricchito da se, che si è “fatto da solo” dove con
quest’espressione si intende l’aver scavalcato gli altri ed essersi procurato una serie di privilegi che alla maggioranza sono preclusi.
Individualismo, avidità, identità, considerata come l’insieme di “merci” che si riesce a possedere e a spacciare: questa è la cultura americana. Che riesce a propagarsi a livello massificato tramite la
pubblicità, le icone pop-art banalizzate, il flusso di denaro che parte dai pochi e ai pochi resta.
La cultura americana è la cultura della differenza, intesa come disparità, tra coloro che “possono” e quelli che no, e dove il “potere” è il riflesso degli zeri che si aggiungono alle cifre del conto corrente, magari alle Cayman e che si traduce in ville, barche, oggetti: merci che fanno essere la persona quella che è, laddove quella che è è il “ricco”.
Non vi è nella cultura americana (o americanista, come dice qualcuno) una valorizzazione della differenza come principum individuationis della persona, ma solo delle merci da essa possedute, che, come diceva Marx, la reificano. Da un lato la definiscono come una “importante”, degna di considerazione, portando immediatamente il suo negativo: il “non possesso” che è e rimane un
disvalore culturale e antropologico.
Chiunque è soggetto a questi condizionamenti, anche chi magari pensa (o ne viene giudicato) privo. Prendiamo Bin Laden: nei filmati che a suo tempo venivano mostrati, era evidente che al polso aveva un Girard Perregaux di ottima fattura e di gran moda. Un classico degli orologi che la diceva lunga sul suo narcisismo e la sua cultura di provenienza. E’ strano che Bin Laden
avesse un orologio così, ma se si va a vedere la sua storia, si capisce che anche lui, come Bush, Cheney, Wolfowitz e Rumsfeld, apparteneva a quel mondo e, alla pari di un radical chic impegnato nel sociale, andava a fare il partigiano nei monti afghani, diventando il celebre e ricchissimo sceicco “public enemy n°1″.
Molti hanno “fatto il tifo” per Bin Laden. Ma questo modo di vedere le cose, da tifoseria è frutto di un ulteriore condizionamento del capitale sulle coscienze.

Il comunismo non è morto con il muro di Berlino, con la fine della Russia Sovietica. Non muore un ideale quando muore un impero.
Il comunismo è altra cosa rispetto alla Russia sovietica. Il comunismo è un totem, una luce,una
proposta alternativa e di sistema, sul cammino evolutivo di ogni coscienza.
Comunismo significa non rassegnarsi alla realtà di queste disparità materiali tra gli umani. Non stare in silenzio davanti allo sfruttamento, alle morti sul lavoro, alle ingiustizie vissute
quotidianamente dai miliardi di deboli, di “ultimi” della terra.
Comunismo significa non approvare mai tutto questo. Non è una moda, o una religione. Non è una contingenza storica che tramonta con le forme storiche a cui si è dato questo nome.
Il comunismo è una sensibilità, una concretezza del vivere che stabilisce il principio per tutti di
avere eguali disponibilità di risorse sul pianeta. Comunismo significa “a ciascuno secondo i propri bisogni”, Valorizzazione dell’umanità nella pienezza del vivere.
Il comunismo non è una speranza, è “la” speranza che l’umano si possa riscattare facendo e ricevendo giustizia sociale. Ed è soprattutto volontà di far vivere l’immaginabile: una specie attiva sul pianeta e conservativa delle proprie risorse interiori ed esteriori.

Giampaolo Pazzaglia

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