venerdì 7 agosto 2009

CONTRO LA GUERRA IN AFGHANISTAN


Per il ritiro immediato e contro le spese militari.

Ma anche per rilanciare una lotta unitaria sulle questioni sociali

CONTRO LA GUERRA AFGHANA COSTRUIAMO

UNA GRANDE MANIFESTAZIONE D’AUTUNNO *

*da “Liberazione” di domenica 2 agosto 2009



di Mariella Cao *

Emilio Franzina **

Fosco Giannini ***

Jacopo Venier ****

Una guerra che molti vorrebbero dimenticare è tornata a bussare alla
nostra porta.
La morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio e il ferimento ,
negli ultimi giorni, di altri militari italiani è parte di una catena
scientemente rimossa di assassinii di Stato che ha nella morte
dell’ altro caporal maggiore Giovanni Bruno, 3 ottobre 2004, il suo
primo, tragico, anello e che porta ormai a 14 le vittime del contingente
italiano.
Purtroppo solo questi tragici eventi hanno riacceso i riflettori dei nostri
media e così si è potuto finalmente saper qualche cosa di più
su quanto accade sul fronte afgano.
Scopriamo così che il ruolo ambiguo che gli USA di Obama stanno
giocando in Honduras , in Iran e – in modo più palese – in Afghanistan , con una svolta affatto
pacifista, indica l’estrema difficoltà, legata agli oggettivi
interessi in gioco, di produrre, dietro alla propaganda, una vera
discontinuità rispetto all’amministrazione Bush.
I militari italiani si muovono e combattono, infatti, in un quadro in
cui proprio in queste ultime settimane gli USA hanno preparato ed
eseguito il più grande attacco dei marines dai tempi del Vietnam. Non
si può definire altrimenti, infatti, l’attuale strategia del Khanjar (
il “colpo di spada”) che vede 4 mila nuovi soldati americani ( che si
aggiungono agli altri 30 mila della pur breve era Obama e che portano
l’intero contingente Usa a circa 70 mila effettivi), trasportati da 50
aerei ed elicotteri da guerra USA, di attaccare improvvisamente la
strategica valle dell’Helmand, nel sud dell’Afghanistan.
La guerra imperialista si è dunque totalmente riaccesa. L’Italia, con
i suoi morti e i suoi feriti ( destinati purtroppo a crescere sotto
l’offensiva sempre più vasta ed organizzata dei talebani) e con
l’immenso spostamento di fondi sia verso il riarmo, sia verso il
rafforzamento degli impegni sui fronti di guerra che verso
l’ampliamento delle basi USA e NATO nel nostro paese, ne è totalmente
coinvolta.
Riemerge ora, in tutta la sua verità, la denuncia contro la guerra
afghana che già dal 2001 ha portato avanti il movimento italiano
contro la guerra. Esso – emarginato, inascoltato e in rotta di
collisione con le politiche governative fino allo scontro avvenuto con
il Governo Prodi – affermava che la guerra USA in Afghanistan non era
affatto la risposta all’attacco alle Torri Gemelle. Era ben altro.
Attraverso l’obiettivo dichiarato di catturare Bin Laden, Bush
scatenava la vera guerra: quella per il controllo mondiale del
petrolio e delle fonti primarie di energia.

Gli esponenti del movimento contro la guerra hanno sempre ricordato e
reso noto l’intervento – svolto in un’audizione al sottocomitato per
l’Asia e il Pacifico della Camera dei rappresentanti USA nel febbraio
1988 - del vicepresidente della “Unocal Corporation”; in
quell’audizione il vicepresidente affermava che "la regione del
Caspio contiene enormi riserve di idrocarburi intatte. Solo per dare
un'idea delle proporzioni, le riserve di gas naturale accertate
equivalgono a oltre 236 mila miliardi di piedi cubici. Le riserve
petrolifere totali della regione potrebbero ammontare a oltre 60
miliardi di barili di petrolio. Alcune stime arrivano fino a 200
miliardi di barili. Nel 1995 la regione produceva solo 870.000 barili
al giorno. Entro il 2010 le compagnie occidentali potrebbero aumentare
la produzione fino a circa 4,5 milioni di barili al giorno, un aumento
di oltre il 500% in soli 15 anni. Se questo dovesse accadere, la
regione rappresenterebbe circa il 5% della produzione totale di
petrolio al mondo. C'è tuttavia un grosso problema da risolvere: come
portare le vaste risorse energetiche della regione ai mercati che ne
hanno bisogno ''; e soprattutto – continuava l’esponente della “Unocal
Corporation” - come gli USA possono controllare la distribuzione del
greggio e del gas della regione, in particolare verso le economie
emergenti dell'Asia che ne faranno sempre più richiesta.
Scartata l'ipotesi di costruire oleodotti e gasdotti che possano
attraversare la Cina (troppo lunghi e costosi e soprattutto non
controllabili, appunto perché cinesi) conviene – chiudeva il
vicepresidente della “UC” - passare per l' Afghanistan.

Questo era e rimane il senso ultimo della guerra. Assieme ad un altro
“senso”, strategicamente decisivo per gli Usa : allargare la NATO sino
ai confini russi e cinesi, costruire basi NATO e USA anche all’interno
dell’Afghanistan. Come è accaduto.

Nella fase del governo Prodi, il movimento ( con alla testa Alex
Zanotelli, Gino Strada, le aree più avanzate del movimento operaio e
sindacale – confederale e di base - , le donne, gli uomini, le
ragazze e i ragazzi dello “spirito di Genova”) non venne ascoltato.

Questo errore drammatico non solo ha prodotto una grave ed ancora
aperta ferita tra movimenti , partiti comunisti e sinistra, ma ha
avuto anche come conseguenza la “militarizzazione” della politica
estera, lo sdoganamento della guerra come strumento delle relazioni
internazionali, il dilagare del bellicismo e l’esplodere delle spese
militari.

Di fronte all’escalation di una guerra, che gli stessi generali ormai
ammettono non avere nulla a che fare con la lotta contro il
terrorismo, occorre tornare tutti in piazza.

Il movimento deve svolgere il suo ruolo sociale centrale contro le
politiche di guerra e la subordinazione del governo italiano agli Usa
e alla NATO; per ridare vita, speranza e senso alle forze comuniste e
all’intera sinistra anticapitalista e d’alternativa. Per costruire le
basi reali di una vittoria “ strategica ” ( non si vince “solo”
battendo la destra : è questa la lezione che viene dal fallimento del
governo Prodi), contro il governo Berlusconi e il berlusconismo
diffuso, trasformando le spese folli per gli F- 35 in assegni sociali
per i lavoratori; spostando le risorse verso la decontaminazione delle
aree di Aviano, Sigonella e soprattutto sarde, ridotte dalle basi USA
e NATO a terre nuclearizzate a forte rischio di tumori e leucemie.

Chi scrive lancia - dunque - una proposta : che la Federazione
comunista e di sinistra che si è costituita lo scorso 18 luglio a Roma
( assieme all’intero movimento pacifista, alle esperienze di lotta
contro le basi americane e NATO in Sardegna, a Camp Derby, a Vicenza;
assieme alle parti più avanzate della CGIL e della FIOM; ai sindacati
di base e ad ogni altra soggettività comunista, antimperialista,
anticapitalista e di movimento) si metta sin da ora al lavoro per
organizzare a settembre/ottobre ( intrecciando le più vaste relazioni
e seminando spirito unitario) una grande manifestazione a Roma contro
la guerra, contro le spese militari e per il ritiro immediato dei
soldati italiani dall’Afghanistan, unendo la lotta contro le politiche
interventiste e di guerra alle sempre più gravi questioni sociali: il
salario, la scala mobile, la Legge 30, le pensioni, il razzismo, lo
stato sociale.

Un “nuovo inizio” non può che cominciare dalla ripresa dell’iniziativa
politica e sociale contro la guerra.

* Comitato sardo “ Gettiamo le Basi”);

** docente di storia contemporanea

Università di Verona- Gruppo consiliare

provinciale di Vicenza,“ Vicenza libera”:

*** direzione nazionale Prc;

**** segreteria nazionale PdCI.


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