lunedì 23 maggio 2011

Intervista a Paolo Ferrero

 Intervista a Paolo Ferrero, segretario nazionale Rifondazione Comunista, sul dopo elezioni amministrative

Paolo Ferrero e Fabio Panero

Fronte democratico «per cacciare Berlusconi» e «una sinistra unita che qualifichi politicamente e socialmente il programma per l’alternativa». Paolo Ferrero è «orgoglioso e felice» per il risultato elettorale della Federazione della sinistra, ottenuto grazie a un partito che c’è, «è credibile e resiste nonostante un oscuramento mediatico pressoché integrale».

Pensi che i succesi al primo turno siano incoraggianti per i ballottaggi?
Il centrodestra ha perso ma ora bisogna lavorare pancia a terra per sanzionare definitivamente un governo Berlusconi che ormai è minoranza nel paese. E poi dobbiamo puntare tutto sui referendum, perché temo che il messaggio arrivato a qualche milione di italiani è che il referendum non c’è più…
… adesso però il Pd promette di impegnarsi per i 4 sì ai questi di giugno.
E’ positivo. Perché se raggiungiamo il quorum, Berlusconi è definitivamente sconfitto. Se non ce la facciamo, invece, temo che riprenda fiato: «Vabbè abbiamo perso qualche città ma alla fine…». Se vogliamo cacciare Berlusconi ci aspetta un impegno straordinario, non cadrà né per i processi né per i trabocchetti in parlamento. Cade se è sfiduciato dal paese. Adesso abbiamo tutti l’occasione di farlo, e non va sprecata.
La sconfitta del Pdl al Nord è acclarata. Al Sud però il centrosinistra non sfonda. Basta il caso Napoli a fare primavera?
Al Nord l’asse Pdl-Lega è saltato perché la Lega pensava di poter lucrare sulla crisi del Pdl. Quello schema è finito. Al Sud invece manca un’alternativa chiara e De Magistris è una possibile risposta: penso che se non ci fosse stata la sua candidatura Lettieri rischiava di vincere al primo turno. De Magistris è stato un valore aggiunto perché è chiaramente contro le destre ma è anche un segno di discontinuità con un centrosinistra che si è rivelato fallimentare. Questo è il punto: costruire un’opportunità simile in tutto il paese.
E come si può costruire questa discontinuità?
Secondo noi con l’aggregazione di un polo della sinistra. Questa è la proposta che facciamo a Sel, Idv, Verdi, alle forze anticapitaliste, a movimenti e comitati. Per battere la destra è evidente che va costruito un fronte democratico insieme al Pd. Ma bisogna costruire anche un’altra gamba, uno schieramento aperto delle forze della sinistra che sia in grado di incidere seriamente, non solo di protestare. Le primarie sono utili ma da sole non sono sufficienti per garantire il cambiamento che serve. La costruzione di un polo di sinistra permetterebbe non solo di tenere insieme forze politiche divise ma anche di attivare tutta quella società civile che c’è, che è a sinistra e che è fatta di centinaia di migliaia di persone, come abbiamo visto per le firme sull’acqua. Ovvio che penso a un’aggregazione aperta, in cui ognuno partecipa con la sua storia e la sua identità.
Potrebbero essere dei gruppi unici nei consigli comunali la prima tappa di questo processo?
Qui ti rispondo a titolo personale: io sarei d’accordo a fare dei gruppi unitari della sinistra che si danno anche un regolamento di consultazione e di verifica con la propria gente. Sarebbero un’ottima cosa, il tentativo di mantenere un processo di partecipazione che duri nel tempo e di cui l’aggregazione istituzionale delle forze della sinistra può essere un primo passo.
Ma non pensi che accentuare la divisione tra “riformisti” e “radicali” rischia di essere una palla al piede per il futuro? Le primarie in fondo superano quello schema.
Ma non è vero, perché i consigli comunali esistono e quante volte votano contro i propri sindaci o presidenti, pensa a Soru in Sardegna. Noi non possiamo fare politica come Berlusconi, che chiediamo una delega ogni tot anni e poi riuniamo ogni tanto delle masse plaudenti. Dobbiamo costruire un processo di partecipazione che è un processo di ricostruzione della soggettività di massa, di un popolo. Ciò detto, noi le primarie le sosteniamo. In Puglia siamo stati gli unici ad aver appoggiato Nichi e siamo per le splendide candidature di Pisapia e Zedda fin dall’inizio. Le primarie sono un passaggio utile ma l’idea che con quel meccanismo si cambia il paese per me non sta né in cielo né in terra.
Tu chiedi un fronte democratico. Il Pd però guarda soprattutto all’Udc. E’ un problema?
Adesso siamo tutti impegnati nelle elezioni. Secondo me però l’ipotesi del Pd non sta in piedi soprattutto alla luce dei risultati elettorali. Diciamo la verità: il centro non esiste, c’è l’Udc, non altro. E il caso di Pisapia è emblematico: non è con il «centro» che batti la Moratti, ma con una proposta alternativa chiara, partecipata e riconoscibile.
Al Nord non c’è solo Pisapia. C’è anche la grande vittoria di Fassino a Torino. Pensi che un domani questi due modelli diversi di centrosinistra possano entrare in competizione?
Diciamo la verità: a Torino di fronte alla Fiat la politica non è esistita, ha accettato supinamente i diktat di Marchionne. Quello che ci divide da Fassino è il giudizio sulla globalizzazione. Secondo noi quello che decidono le imprese va discusso. Soprattutto nei territori. Ad esempio noi abbiamo presentato una proposta di legge regionale che dice che le aziende che delocalizzano debbono restituire i soldi che han preso di finanziamento pubblico. Non è estremismo, il vero estremismo sono le tossine ideologiche del pensiero unico. Io spero che proprio Giuliano (Pisapia, ndr) possa essere l’esempio di un pensiero diverso del rapporto tra comunità e globalizzazione, che è uno dei punti decisivi della partita che è aperta e su cui ci scontriamo davvero con il Pd.

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