sabato 28 febbraio 2009

Agnoletto di ritorno dalla Palestina





Hamas e Fatah lavorano all'intesa. Tocca all'Europa dare un segnale


Una delegazione di parlamentari europei ha visitato pochi giorni fa Gaza e Israele. Tra i delegati Luisa Morgantini vicepresidente del Parlamento europeo e Vittorio Agnoletto che ci racconta i contenuti della visita.



Mentre parliamo è in corso la Conferenza dei donatori per la ricostruzione di Gaza. Non partecipano i prinicipali attori, e cioè Hamas ed Israele. Lo stesso Mustafà Barghuti si dice preoccupato e teme che l'Anp si trasformi in un sottoagente di Israele. Che opinione vi siete fatti sulla situazione politica nell'area?

Abbiamo incontrato Mustafà Barghuti tre giorni fa che si è detto ottimista su un possibile accordo tra Hamas e Fatah. Accordo che non si limiterebbe solo alla gestione degli aiuti e che si baserebbe su alcuni punti precisi: stop agli attacchi mediatici tra le due parti; stop agli imprigionamenti politici sia a Gaza che nella Striscia; formazione di 5 comitati ai quali partecipano tutti i 14 partiti palestinesi.

Quali sarebbero i compiti di questi comitati?

Lavorare alla stesura di un programma politico per un governo di unità nazionale. Preparare una riforma delle forze di sicurezza nazionale con l'abolizione delle singole frange, quindi la creazione di un apparato nazionale. Un terzo comitato dovrebbe occuparsi della riforma dell'Olp, che ancora oggi rappresenta il 50% di tutte le forze palelstinesi, per arrivare ad una rappresentanza unitaria quindi con l'inclusione anche di Hamas. Una 4° commissione che lavorerà alle future elezioni, amministrative e presidenziali, da tenersi non prima del 5 gennaio 2010. E infine un commitato di riconciliazione con l'obbiettivo di evitare futuri scontri tra palestinesi.

Quanto di tutto questo ha la possibiltà di realizzarsi, in breve quali sono le reali prospettive di questo accordo?

Diciamo che oltre all'ottimismo di Barghuti abbiamo registrato importanti impegni da parte dei vari soggetti interessati. Infatti ai nostri dubbi se tutte queste promesse fossero solo mirate alla gestione degli aiuti, sia i parlamentari dell'assemblea legislativa palestinese, sia di Ramallah che di Gaza, che il primo ministro paestinese Salam Fajjad ci hanno risposto No. Ammettono che siamo difronte ad un momento storico e che non ci sono molte alternative. Soprattutto se si prende in considerazione il risultato delle elezioni in Israele che ha sfornato un governo che va ancora di più a destra.

Ma è lo stesso sentire della popolazione paestinese, quali sono gli umori che avete registrato?

In tutta la Palestina, da Gaza a Ramallah, la questione della riconciliazione tra palestinesi è considerata prioritaria.Ha in qualche modo influito su questa spinta alla riconciliazione l'elezione di Obama?Il nodo di questa riconciliazione sta in due aspetti fondalmentali: innanzitutto nella volontà palestinese di cui abbiamo parlato e che passa attraverso i due punti cardine che sono il rilascio dei prigionieri e la riforma delle forze di sicurezza; il secondo punto è banalmente ma di importanza essenziale il comprtamento che avrà la Comunità europea.

Cosa intendi?

Guarda, nella nostra delegazione c'erano rappresentati di tutti e 5 i gruppi politici presenti nel parlamento europeo, dai popolari ai socialisti, dal Gue-Verdi alla destra: tutti eravamo concordi che l'attaggiamento dell'Unione europea è stato tra i responsabili di quanto è accaduto. Due gli errori commessi. Il primo: i palestinesi ci avevano detto che non erano in grado di votare nel 2006, ma l'Europa spinse perchè si tenessero in quella data. Hamas vince. A quel punto l'Unione si rifiutà di riconoscere il governo nato da quelle elezione e sospende gli aiuti diretti. Quando poi nel 2007 quando c'è il tentativo di unità nazionale, l'Europa ripete l'errore: riceve i ministri di Fatah e non quelli di Hamas. In pratico impone elezioni che poi si rifiuta di riconoscere, poi non fa nulla per accompagnare il tentativo di unità nazionale.

Adesso tutti guardano a cosa farà l'Europa. E cosa potrebbe fare l'Europa per accompagnare questo nuovo processo?

Si sa che c'è una pressione forte da parte di Solana (ministro esteri Ue) che ci è stata confermata da Salam Fajjad, ma di cui abbiamo altre conferme, che spinge per una maggiornaza di unità nazionale, che darebbe poi vita ad un governo di 25 tecnici. Quindi senza appartenenza politica. In pratica Solana è alla ricerca di un escamotage per appoggiare questo governo senza dover riconoscere un ruolo politico diretto ad Hamas, ad esempio non essere costretto a riceverli come ministri.

Come sempre siamo di fronte ad un richiesta, a dir poco ademocartica...

Infatti, ora spetterà alle forze politiche palestinesi. Nell'accordo a cui stanno lavorando si prevede un governo unitario, quale forma questo prenderà spetta a loro. Questa è la posizione di tutta la delegazione europea, fondata sulla autodeterminazione. Poi starà all'Europa decidere se accompagnare questo processo in modo democratico, appoggiando ad esempio un tipo di decisioni già assunte dall'assemblea europea o sottostare ancora una volta ai diktat Usa e di Israele che al momento continuano ad inserire Hamas tra i gruppi terroristici.

(Da Liberazione)


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