lunedì 9 febbraio 2009

Lettera sulla "sicurezza"

Egregio Direttore,

da tempo, alle notizie che quasi quotidianamente ci informano sui provvedimenti del governo, mi allarmo e mi addoloro per la spirale involutiva che, tassello per tassello, sta portando il nostro paese verso una condizione che non si può altro definire che di barbarie. In questa condizione sento profondissimo il bisogno di prendere una posizione pubblica, confrontarmi, ragionare e denunciare. Per esemplificare il mio disagio voglio considerare due aspetti che ci stanno davanti agli occhi: la situazione di migliaia di lavoratori, e massimamente quelli precari, di insicurezza estrema dentro la crisi di cui non hanno responsabilità e, per contro, gli odiosi provvedimenti che il governo si appresta a varare nei confronti dei migranti regolari e irregolari. Da almeno un centinaio di anni le forze di lavoro necessarie per la produzione a carattere industriale sono state rese completamente sottoposte al sistema, in breve: quando le cose vanno bene tutti sotto a lavorare, quando invece c’è crisi la fabbrica chiude e per i lavoratori quando va bene c’è un po’ di elemosina e tanti saluti. E’ del tutto chiaro che sia il lavoratore a rimetterci tutto, infatti mentre il padrone può cambiare attività o ritirarsi in campagna, egli si deve rendere amaramente conto che la scelta compiuta, magari tre generazioni prima di lui, è del tutto irreversibile: è stato usato e accantonato proprio come un macchinario. Io credo che se di sicurezza si deve parlare la prima affermazione da fare è che le persone non sono macchine ed esse hanno il diritto sacrosanto, proprio in quanto esseri umani, di avere la sicurezza di poter vivere in modo dignitoso, di avere un reddito sicuro, di potersi addormentare la sera senza l’angoscia di un domani nero. Rivendicare con forza questo diritto è certo più utile per la nostra sicurezza della ricerca ossessiva di improbabili capri espiatori.

Vedo invece adottate e spacciate per soluzioni misure che nel migliore dei casi sono ridicole come la proibizione del kebab nelle nostre città, e in altri casi fanno rabbrividire qualunque coscienza democratica. Sono forse esagerato se i militari per le strade mi riportano più a suggestioni cilene che alla nostra sicurezza? Se le future “ronde” evocano, per ora in chiave di farsa, le squadre che hanno operato nel nostro paese in tempi non così remoti? Sono forse un po’ snob se le telecamere che si vogliono piazzare dappertutto mi infastidiscono più che tranquillizzarmi?

E sono forse un “buonista” un po’ fesso se ancora penso che i migranti siano delle persone esattamente come noi, se la delazione che i medici sono ipocritamente chiamati a fare, la schedatura delle persone, il rendere simile ad una corsa ad ostacoli gli adempimenti burocratici per i migranti, quelli “buoni”, ricacciando nell’inferno quelli “di troppo”, mi sembrano dei provvedimenti razzisti, discriminatori e oltretutto inutili?

Io non credo, credo che, con molti altri, siamo del tutto normali, semplicemente non abbiamo dimenticato né le nostre radici di emigranti, né le lotte dei nostri padri, né i valori di uguaglianza e solidarietà che stanno alla base del patto sociale che ci lega tutti. E questo è il momento di dire forte e chiaro che la vera natura di questi provvedimenti altro non è che un’operazione propagandistica di bassa”lega” che tenta, in modo peraltro poco accorto, di fare il giochetto già visto e rivisto nella storia di indirizzare i malumori del popolo verso un capro espiatorio: che siano gli ebrei, i kulaki o i migranti a pagare per tutti poco importa. I casi sono due: o i proponenti queste misure sono coscienti della loro sostanziale inutilità oppure credono veramente di risolvere questioni così complesse con questi conati di razzismo; nel primo caso danno prova di inaudito cinismo e da essi ci si possono attendere le peggiori cose, nel secondo caso è forse ancora peggio poiché dimostrano così di non aver capito nulla circa la portata enorme dei problemi che abbiamo di fronte e di non essere certo all’altezza di potere risolvere né questi né quelli che si presenteranno in futuro. E così, piano piano, il nostro paese si avvia a diventare una tragica caricatura di quello in cui io mi riconoscevo. Vogliamo davvero permettere che ciò accada? Io spero invece che i cittadini non cadano nella trappola, che i carabinieri dicano sinceramente cosa pensano del fatto di avere prossimamente da badare pure a squadre di zelanti incapaci in giro per le città, che i medici rimandino sonoramente al mittente l’invito alla delazione e che qualche giurista dica una parola autorevole sulla costituzionalità di queste norme. Sarebbe già qualcosa.

Michele Baracco

Rifondazione Comunista Mondovì

Nessun commento:

Powered By Blogger