mercoledì 12 maggio 2010

CONVEGNO A BARGE SU LUDOVICO GEYMONAT


Barge (Cuneo), sala della biblioteca comunale
Sabato 15 maggio, ore 17.30
Presentazione del libro
“ Ludovico Geymonat, un maestro del Novecento”.

Intervengono:
-       Fabio Minazzi, filosofo, curatore del testo
-       Mario Quaranta, filosofo
-       Sergio Dalmasso



Ludovico Geymonat un maestro del Novecento, il filosofo, il partigiano, il docente (a cura di Fabio Minazzi), Milano, ed Unicopli, 2009, pg. 694, 25 euro.

Il testo, curato da Fabio Minazzi, suo “ultimo allievo”, offre un quadro complessivo su vari aspetti della vita e dell’opera di Ludovico Geymont.
Raccoglie i contributi a due convegni, svoltisi nel 2008, centenario della nascita, a Barge, cittadina del cuneese in cui si svolse la sua attività partigiana e a Milano, presso la storica sede dell’ANPI, città dove fu docente per oltre 20 anni, introducendo nelle università l’insegnamento di filosofia della scienza.
Le sezioni coprono, forse perla prima volta con tale ampiezza, tutti i campi di interesse e di impegno del filosofo.
Dopo le testimonianze (tra le altre quelle del figlio Mario, di Evandro Agazzi, Fulvio Papi, Luigi Pestalozza), una parte non breve del testo è occupata da studi sulla sua attività politica. L’opposizione al fascismo inizia nel 1929, passa per la vicinanza a Giustizia e libertà, sino all’adesione al Partito comunista clandestino. La scelta partigiana è la logica conseguenza di questa militanza. Geymonat partecipa attivamente ad una delle prime bande del cuneese, la 105° Garibaldi che si forma a Barge l’11 settembre 1943 e prende significativamente il nome di Carlo Pisacane. Con lui importanti figure dell’antifascismo: Pompeo Colajanni “Barbato”, Gustavo Comollo, Aldo Petralia. Negli ultimi mesi di guerra è a Torino dove lega l’attività clandestina alla stesura di Studi per un nuovo razionalismo. Nel dopoguerra è redattore a “L’Unità torinese” (molto interessante l’analisi degli scritti legata alle scelte politiche del PCI) e quindi assessore comunale a Torino (1946- 1951). Se l’attività partigiana era parzialmente nota, merito del libro è far conoscere aspetti quasi sconosciuti del periodo successivo che prosegue con l’insegnamento universitario a Cagliari e a Pavia, con il dissenso interno al PCI nel 1956-57 (è sospeso per sei mesi a causa di un attacco alla figura di Concetto Marchesi, da poco scomparso), con la richiesta di un forte rinnovamento e di messa in discussione dell’asse culturale De Sanctis- Labriola- Croce- Gramsci, al quale si contrappone il pensiero scientifico nazionale (da Galileo a Cattaneo).
Dal 1957 al pensionamento nel 1979 l’insegnamento a Milano.
Il suo pensiero si modifica progressivamente, quasi in un continuo lavoro di permanente verifica delle posizioni e delle acquisizioni raggiunte; la “vulgata” di un pensatore dogmatico è contraddetta dai continui e progressivi posizionamenti. L’iniziale difesa del valore conoscitivo della scienza, messo in discussione dall’idealismo, lascia il posto ad un neopositivismo in senso neorazionalista e quindi alla stagione del neoilluminismo.
Il fondamentale Galileo Galilei (1957) esalta non solo il grande scienziato secentesco, la nascita della scienza moderna e del metodo sperimentale, ma soprattutto evidenzia il carattere storico e sociale dell’evoluzione scientifica, per cui le costruzioni scientifiche non sono mai definitive e tutt’altro che solidi sono i fondamenti alla base della scienza contemporanea.
Il libro segue il passaggio al materialismo dialettico (non identificabile con il Diamat staliniano), è oggetto di discussione. Geymonat valorizza il ruolo di Engels, recupera il valore di Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin, legge positivamente, anche filosoficamente, il pensiero di Mao, nella convinzione che la Cina possa costituire un antidoto al “revisionismo sovietico”, la rinascita di una posizione rivoluzionaria ed anche di un pensiero marxista depurato dalle tante revisioni ed alternativa a quell’irrazionalismo presente in molti settori della filosofia contemporanea (Geymonat è fortemente critico della Scuola di Francoforte che accusa di non saper leggere il ruolo della scienza). La ricerca di una nuova cultura per le masse e i popoli in lotta e in ascesa è accanto alla sistematizzazione del suo pensiero epistemologico, alla base della monumentale Storia del pensiero filosofico e scientifico (1972).
In questo quadro, il filosofo matura l’uscita dal PCI (1965) e l’avvicinamento a piccole formazioni e riviste maoiste, nella ricerca di un pensiero e di una pratica  marxisti e alternativi.
IL suo atteggiamento verso il movimento studentesco è contraddittorio. Ad un rifiuto iniziale, motivato con le accuse di individualismo e di semplicismo verso la didattica e di analisi superficiale della realtà economico- sociale, segue l’adesione all’impegno degli studenti soprattutto davanti all’attacco frontale cui sono sottoposti nella fase successiva a piazza Fontana. E’ grande merito del movimento milanese la costruzione di una alleanza non episodica tra studenti, settori popolari e intellettualità di cui è segno la grande manifestazione del 21 gennaio 1970 contro i gravi rischi di involuzione democratica.
Nel 1980, dopo il pensionamento, la scelta per la candidatura in Democrazia Proletaria, nella speranza di poter contribuire alla ricostruzione di una sinistra non compromissoria e alla difesa del pensiero marxista. In ogni dichiarazione è sottolineata la non condivisione della posizione critica di DP sull’URSS e conseguentemente sui paesi dell’est Europa.
La candidatura si ripeterà, sempre con forte consenso tra gli elettori, nel 1983 e nel 1987 (elezioni politiche).
Nello stesso 1987, il filosofo contribuisce alla fondazione della Associazione culturale marxista e della rivista “Marxismo oggi”. I suoi interventi politici, in questo periodo, mirano al ricordo e alla valorizzazione della guerra partigiana e di molte sue figure, alla difesa della sua lettura del marxismo (una interpretazione materialistica e l’unitarietà nell’elaborazione di Lenin, tra teoria della rivoluzione e della conoscenza).
Con questo spirito firma, dopo la Bolognina, gli appelli per la ricostruzione di una forza marxista e partecipa alla fondazione di Rifondazione.
La morte lo coglie, a 83 anni, alla vigilia del congresso costitutivo.
Alla parte storico- politica, seguono quelle, ancor più corpose, sul logico e matematico, soprattutto studioso di storia della matematica, del filosofo della scienza e della tecnica, del razionalismo e del tentativo di comprensione della totalità, nel rapporto tra razionalità scientifica e dialettica, del pensatore e filosofo. Qui emergono i maggiori nodi problematici: il modello di storia della filosofia, l’interpretazione di Galileo, la morale, il difficile rapporto con Kant, l’approccio al post moderno e al pensiero debole, il materialismo e le sue declinazioni in Leopardi, Lenin, Timpanaro.
Chiude il testo la pubblicazione di inediti, soprattutto la corrispondenza con tanti pensatori del ‘900 italiano ed europeo.
Un testo, non solo specialistico, che permette una conoscenza più ampia di uno dei maggiori pensatori italiani, analizzato sotto più chiavi di lettura e di interpretazione.
Sergio Dalmasso



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