giovedì 24 marzo 2011

Gli italiani in Libia

Gli italiani e la Libia: come andò a finire nell'altra conquista.

La Libia Italiana aveva una superficie di 1.750.00 km quadrati e, secondo il censiment dell'aprile 1936, una popolazione di 750.000 libici (722.500 arabi e 28.300 ebrei) più 66.000 italiani residenti, senza contare i nostri soldati presenti in colonia.
Era una società povera, sconvolta da lotte interne, ma orgogliosa della propria indipendenza, minimamente intaccata dal dominio turco.
Se la tribù della Tripolitania non disponevano di una organizzazione statale, il Gebel (altopiano) cirenaico era invece governato dalla Senussia, un movimento innovatore nato nell'800 in seno all'Islam, con poteri militari, economici e giudiziari.
La conquista italiana, a partire dal 1911, era stata facile nella fascia costiera ma trovò forte resistenze da parte di questa tribù dell'interno. Nel 1913 colonne italiane giunsero nel Fezzan, ma nel 1914-15 furono respinte con forti perdite dall'insurrezione delle tribù tripolitane.
Nulla o quasi si seppe in Italia, sia a causa della censura che per lo scoppio della guerra.
Fino al 1921 l'occupazione italiana rimase limitata ai centri costieri poi, nel gennaio 1922, il governatore Volpi iniziò la riconquista della Tripolitania, accettata dal Ministro per le colonie Amendola, liberale e antifascista, poi appoggiato dal fascismo.
Approfittando della debolezza delle tribù della Tripolitania, divise ed incapaci di cerare un fronte unito anti-italiano, un gruppo di giovani ufficiali italiani, tra i quali spiccava Rodolfo Graziani, comandante delle truppe della regione, misero a punto un sistema di guerra molto efficiente, le colonne mobili.
Queste colonne erano costituite da ascari eritrei, cavalleria libica, meharisti (raparti libici cammellati), autoblindo e automezzi, coordinate via radio e supportate dall'aviazione, ed ebbero buon gioco delle tribù seminomadi sparse nel deserto, fino alla conquista del Fezzan (inverno 1929-30)
La riconquista della Cirenaica, iniziata nel 1923, risultò subito più ostica, perché la Senussia si rivelò in grado di organizzare e condurre una guerra di guerriglia popolare.
Le truppe italiane riuscirono a controllare in breve tempo i territori desertici e semi-desertici, ma sul Gebel cirenaico, un ambiente più favorevole alla guerriglia con boscaglie e stretti burroni, trovarono un'accanita resistenza condotta dal capo senussita Omar Al-Mukthar con un migliaio di armati, appoggiati da centomila seminomadi(Esiste un film molto bello su queste vicende: la pellicola  in onda solo nel 2009 dopo 27 anni di censura o veto, come quello posto dall'allora sottosegretario agli Affari Esteri Raffaele Costa: fu intentato persino un procedimento per “vilipendio delle Forze Armate” contro il film. Il film in questione è “Il leone del deserto”, realizzato nel 1981 da Moustapha Akkad che racconta le gesta del condottiero sunnita libico Omar al-Mukhtar che si batté contro l’esercito Italiano con risultati insperati. Si tratta di un film storico, con la partecipazione di Anthony Quinn, reperibile sulla rete). Di giorno i nostri reparti mobili e l'aviazione dominavano il Gebel, ma la notte era governata dalla Senussia che puniva i collaborazionisti, amministrava la giustizia, riscuoteva le tasse e conduceva una guerriglia a colpi di imboscate.
A seguito di tutti i tentativi militari e diplomatici di piegare la resistenza senussita, nell'estate del 1930 Badoglio, allora governatore della Libia, e Graziani, vice-governatore della Cirenaica, con l'appoggio di Mussolini e del Ministro per le colonie De Bono, decisero di deportare la popolazione del Gebel in campi di concentramento lungo la costa e di distruggere tutto il bestiame.
Privata della sua base popolare e di rifornimenti provenienti dall'Egitto (nel 1931 lungo 270 km di confine tra Libia ed Egitto venne stesa una barriera di filo spinato, fortemente sorvegliata) la guerriglia venne brutalmente stroncata.
Nel 1931 venne catturato Omar Al-Mukthar ed impiccato (la testa inforcata su una picca verrà mostrata nei vari villaggi libici per testimoniare la sua effettiva morte). Nei campi di concentramento vi furono migliaia di morti per fame e malattie: secondo gli stessi censimenti italiani, gli abitanti della Cirenaica passarono dai 200.000 dei primi anni 20 ai 140.000 del 1936.
"Grazie" alla censura ordinata da De Bono su tutto ciò che riguardava i campi di concentramento e la successiva manomissione degli archivi coloniali non è possibile un calcolo preciso delle vittime di questo terribile genocidio, ma almeno 50.000 persone (1/2 della popolazione del Gebel) perirono in combattimento o nei campi, un milione di pecore, vale a dire il 90% della greggi cirenaiche subirono la stessa sorte.
La dimensione del genocidio venne accresciuta dalla deportazione dei sopravvissuti nelle pareti meno fertili del Gebel, poiché quelle migliori erano destinate ai coloni italiani.
Nel 1934, allorché Italo Balbo, quadrunviro del fascismo, venne nominato governatore della Libia, il paese era ormai completamente "pacificato".
Questo non fu l'unico ne' l'ultimo genocidio nella triste storia delle conquiste coloniali, ma senza dubbio uno dei più radicali. L'Esercito Italiano dette prova di grande efficienza, come raramente capiterà in futuro.

Fabio Panero

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