venerdì 23 novembre 2007

Cineforum in Rosso - Mare Dentro

Cineforum in rosso
lunedì 26 novembre - ore 21 -
MARE DENTRO
2004, di Alejandro Amenàbar
(sul tema dell'eutanasia e del libero arbitrio dell'uomo nelle decisioni che riguardano la sua volontà di vita o di morte)
Presso il Circolo di Rifondazione Comunista "R.Luxemburg"
in V. Saluzzo 28 - Cuneo

"Mare dentro", la ribellionedi un anarchico che vuole morirecontro il volere di teologi e preti
Mare dentro , gioiello del giovane regista commercial- autoriale che è il cileno di Spagna Alejandro Amenabar ( Apri gli occhi , The Others ). L'eutanasia, reato (lo è, non solo per i comandamenti ma anche per i codici) per cui un feroce dittatore può riposare in pace accompagnato da una funzione religiosa in pompa magna che al povero Welby (che neanche l'aveva chiesta) viene negata.Il problema dell'eutanasia, senza moralismi faziosi, in quest'opera rappresenta uno schiaffo in pieno viso. Ramon Sampedro, anarchico galiziano, a 26 anni rimane tetraplegico per un tuffo malcalcolato. Per trent'anni rifiuta la sedia a rotelle, autorecludendosi in un mondo di lettura, scrittura, musica e immaginazione. Questi anni sono anche dedicati a una strenua lotta legale per vedersi riconosciuto il diritto a morire, come supremo atto d'amore per la vita. Espressione contraddittoria solo per chi è rinchiuso, lui sì, in regole fondamentaliste e ottuse. Pur privo della carica sdrammatizzante e positiva del prossimo Schnabel de Lo scafandro e la farfalla , ne condivide la forza e l'intensità, oltre che alcune similitudini, come le dirompenti autobiografie dei rispettivi protagonisti.Se Bauby compose un inno alla vita nonostante tutto, il riconoscimento di sè attraverso la sofferenza, Sampedro lasciò come testamento morale Lettere dall'inferno , lucido e drammatico racconto di una condizione che lui vedeva come ingiusta prigionia, privazione di libertà (che cercava infatti nell'arte e nella fantasia) insopportabile per uno come lui, per cui il vero "peccato" era odiare la propria esistenza, non volere la morte. Oltre alla diligente e talentuosa regia di Amenabar (che gli valse il Leone d'Argento), l'anima e il corpo immobile di questo film sono quelli di Javier Bardem, che non a caso ottenne a furor di popolo la Coppa Volpi. Truccato, invecchiato, incanutito e ingobbito, in una parola mortificato, è credibile e commovente e bilancia con la sua interpretazione essenziale anche le tentazioni liriche e retoriche.Il suo lavoro è la sintesi dell'epica che solo cinema e vita possono esprimere, di come i dilemmi morali, etici e politici scompaiano quando si è di fronte a un evento reale, quando la teoria (e la teologia) diventano carta straccia. Sampedro la sua ribellione al sistema (dopo aver cercato di cambiarlo, rispettandolo) la affronta senza mezze misure, come si vedrà nel film, nel modo più drammatico. Fu lo sfogo di chi ha lottato e ha perso perchè erano i suoi avversari ad aver scritto le regole e ad avere le carte migliori. Di chi fa saltare il banco, perchè per di più hanno barato sulla sua pelle. Mare dentro è un lungometraggio didascalico nell'affrontare di petto la tematica del triangolo Stato- Uomo- Chiesa. Bardem- Sampedro è un santo laico che ribadisce la necessaria distinzione tra potere spirituale e temporale a favore di una comunità al servizio del singolo. Non individualista, ma che ascolti le istanze dal basso, a partire da chi è costretto in un letto. Diritto alla vita non vuol dire vietare aborto e eutanasia, privare l'uomo di quella libertà che persino il dio uno e trino riconosce nel sacro principio del libero arbitrio (poco comprensibile, forse, ai Cei boys Bagnasco e Ruini). Lui, che dicono sia onnipotente, dovrebbe sapere che permettere di abortire o di scegliere una morte dignitosa non vuol dire costringere a farlo. Ma purtroppo, ora più che mai, la Chiesa è un monarca capriccioso e dispotico, i cui sudditi hanno solo doveri. In nome del papa re.

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