lunedì 26 novembre 2007

La rabbia e la determinazione delle donne invade Roma

Centomila "parti lese" che dicono basta alla sopraffazione

Si potrebbe intitolare ‘la quiete dopo la tempesta’, visto il diluvio che un’ora prima della manifestazione ha inondato Roma, ma un’ora dopo, a temporale finito quello che si è ‘manifestato’ a piazza Esedra non aveva nulla di quieto, ed ha superato di gran lunga il diluvio: è stata una vera e propria inondazione. Centomila donne hanno invaso la città in un serpentone pieno di vita, di musica, di slogan (finalmente!), e di colori.

Donne arrivate a Roma da tutta Italia, donne unite dietro striscioni che per la maggior parte portavano solo una frase significativa per i contenuti, e non per l’appartenenza ad un’organizzazione o ad un partito. Semmai una firma rappresentativa di un lavoro sul territorio: "gruppo di ascolto maternità e nascita", "coordinamento donne contro la violenza", "compagne femministe e lesbiche di Roma", oppure semplicemente coordinamenti territoriali e collettivi storici, a partire da quello che per primo da Roma ha lanciato la proposta della manifestazione, controviolenzadonne.org, per finire al grande spezzone dell’Udi, che portava sullo striscione lo slogan di allora e purtroppo di ancora: "Per ogni donna stuprata e offesa, siamo tutte parte lesa".
Uno slogan che dagli anni ’70, dal massacro del Circeo, ancora dobbiamo urlare a squarciagola per ottenere l’ascolto, da parte maschile e istituzionale, e la sensibilità che comprenda finalmente che la violenza sulle donne non è una questione di ordine pubblico ma culturale, di secolare sopraffazione del maschile sul femminile e come tale deve essere compresa e trattata, se vogliamo davvero vedere trasformare la nostra in una vera civiltà, fatta di rispetto per l’altro, per il ‘differente’, di ascolto, curiosità, sensibilità, rispetto. L’unica strada per sviluppare civiltà, l’arricchimento attraverso la differenza. Un tema altamente politico, oggi più che mai attuale, e che centomila donne hanno riportato alla ribalta: centomila "parti lese" che dicono basta alla sopraffazione dell’uomo sulla donna, del forte sul debole.
E’ stato ripreso in mano e riteso un filo che ha permesso di sviluppare fra le donne quarant’anni di autocoscienza, consapevolezza, solidarietà, organizzazione, protesta, ribellione, e in tanti casi, ancora singoli, liberazione. E in questa manifestazione abbiamo visto anche l’elemento consistente di questi quarant’anni: il passaggio di testimone fra generazioni. Tantissime donne dello Spi Cgil in questo caso accompagnate dagli uomini, tantissime donne della mia generazione, quella ‘dell’autocoscienza e dei consultori’, e tante, tante giovanissime. Peraltro radicali e agguerrite, perché sono state loro, per lo più, a cacciare dal corteo Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna al grido di 'fuori i fascisti' con le mani alzate nel simbolo femminista, ancora loro a contestare Livia Turco, Barbara Pollastrini e Lea Melandri, costringendole a lasciare il palco di piazza Navona. E ancora loro ad aggredire e spintonare i giornalisti maschi, costringendoli a sospendere la diretta tv.
Violenza in una manifestazione contro la violenza? Sì, perché la rabbia è tanta ed è difficile trasformarla in un discorso pacato, soprattutto se si tratta di evitare che ruoli istituzionali, addirittura governativi pretendano la visibilità sul palco che invece appartiene alle donne che lavorano nella realtà, che creano rete, che si rimboccano le maniche per organizzare le donne. Se le donne ministre vogliono partecipare, devono partecipare da donne, non per i loro ruoli istituzionali. E successivamente, vestendo questi panni, portare nelle sedi parlamentari e governative le istanze condivise in piazza con le altre donne.
La sovrapposizione di ruoli e la sopraffazione fra ruoli – forti e deboli, è la sostanza di una battaglia che ieri è ripresa alta e che dovrà proseguire forte, lasciando esplodere la differenza femminile in tutta la sua capacità di rottura di schemi e modelli dati, perché questo percorso di liberazione è il perno della liberazione di tutti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Oche e Galline

A Lidia Ravera e a tutte e tutti coloro che credono di
poter occupare ogni spazio della politica, perché
conservino memoria dello strepito delle oche, che
allora respinsero, e oggi respingono, galli e galline
che credono di aver scalato definitivamente la rocca
del Campidoglio.
Il 24 novembre, però, le oche non hanno avuto bisogno
dei soldati romani per sconfiggere chi ha posto sotto
assedio Roma, lo hanno fatto da sole e rivendicano
tale gesto.

Correva l'anno 390 a.C.
“Dalle Alpi i Galli discesero in Italia e misero a
ferro e fuoco tutto il paese. Immediatamente lo
spavento dei nemici e il terrore della morte presero
gli abitanti delle città. I romani inviarono subito,
contro le folte schiere, il console con due legioni,
ma i Galli li raggiunsero, li sconfissero in un'aspra
battaglia presso il fiume Allia e si diressero verso
Roma. Allora i Romani, terrorizzati, abbandonarono la
Città e si rifugiarono nei boschi con i vecchi, le
donne e i figli. I Galli raggiunsero senza pericolo la
Città e posero l'assedio al Campidoglio,la rocca di
Roma. Stavano già scalando le mura quando con grandi
strepiti le oche, ben sveglie, destarono il guardiano
del Campidoglio, Marco Manlio. Allora Manlio chiamò i
soldati romani, che combattendo con grande energia
respinsero i Galli: così il Campidoglio fu liberato
dal pericolo, e Roma fu salvata dagli strepiti delle
oche.”( Storico del tempo)

le compagne di Facciamo Breccia / Cobas

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