martedì 4 dicembre 2007

Bertinotti: Il progetto del governo è fallito. Noi siamo gia' oltre l'Unione

Colloquio a Montecitorio con il presidente della Camera Bertinotti: per Prodi l'ultimo appello sarà sui salari

"Il progetto del governo è fallito. Noi siamo già oltre l'Unione"

"Palazzo Chigi ha finito con l'aumentare la distanza dal popolo della sinistra"

"Il Cavaliere è un animale politico, è attendibile la sua disponibilità a fare le riforme"

di MASSIMO GIANNINI
"La Repubblica, 4 dicembre 2007"

"Dobbiamo prenderne atto: questo centro sinistra ha fallito. La grande ambizione con la quale avevamo costruito l'Unione non si è realizzata...". Alle cinque del pomeriggio, nel suo ufficio a Montecitorio, Fausto Bertinotti sorseggia un caffè d'orzo, e traccia un bilancio amaro di questo primo anno e mezzo di governo. È presidente della Camera, ci tiene a mantenere il suo profilo istituzionale, non vuole entrare in campo da giocatore. Ma le sue parole, quelle del vero leader della sinistra radicale, alla vigilia del meeting della Cosa Rossa di sabato prossimo, lasciano un solco profondo nel cammino della legislatura e nel destino delle riforme.
Bertinotti non fa previsioni, sulla durata del governo. "Non posso, non voglio", dice. Ma fa un ragionamento politico per molti versi "definitivo", sullo stato della maggioranza. "Voglio premetterlo: non ci deve essere nervosismo, da parte di Prodi. Usciamo da questa prigione mentale: io non so quanto andrà avanti, può anche darsi che duri fino alla fine della legislatura, e non ho nulla in contrario che questo accada. Ma per favore, prendiamo atto di una realtà: in questi ultimi due mesi tutto è cambiato". È nato il Pd, e la Cosa Rossa viaggia verso lidi inesplorati. Nel frattempo, Prodi ha accontentato i "moderati", sia sulla Finanziaria, sia sul Welfare.
Per il capo di Rifondazione ce n'è abbastanza per dire che "una stagione si è chiusa". Ora niente sarà più come prima: "Un governo nuovo, riformatore, capace di rappresentare una drastica alternativa a Berlusconi, e di stabilire un rapporto profondo con la società e con i movimenti, a partire dai grandi temi della disuguaglianza, del lavoro, dei diritti delle persone: ecco, questo progetto non si è realizzato. Già questo ha creato un forte disagio a sinistra. Poi si sono verificati fatti che lo hanno acuito. Ne potrei citare centomila...". Risultato: "Abbiamo un governo che sopravvive, fa anche cose difendibili, ma che lentamente ha alimentato le tensioni e accresciuto le distanze dal popolo e dalle forze della sinistra".
Questa, per Fausto il Rosso, è "la condizione reale". E forse irreversibile. Bertinotti cita Lenin, e la differenza tra strategia e tattica. "Il grande tema, per la sinistra radicale, è uno solo: l'autonomia. Torna una grande questione, che nacque nel '56, con i fatti di Ungheria, con la rottura nel Pci, con lo scontro Nenni-Togliatti. Lì nasce una grande cultura politica, una storia enorme, Riccardo Lombardi. È l'autonomia di un progetto, che da allora la sinistra ha cancellato, rimosso. Oggi, per la sinistra radicale, il tema si ripropone. Devi vivere nello spazio grande e nel tempo lungo, per creare una grande forza europea per il 21° secolo. Se questa è l'ambizione, allora tutto va ripensato. Essere o meno alleati del Pd, stare o meno dentro questo governo: tutto va riposizionato in chiave strategica".
Questo riposizionamento strategico, secondo Bertinotti, è appena iniziato. "Alla fine del percorso - chiarisce il leader - io voglio riconoscere al Pd il diritto a trovarsi gli alleati che vuole, ma voglio garantire a noi il diritto di tornare all'opposizione". Dunque la stagione dell'Unione è al capolinea? "Intellettualmente io sono già proiettato oltre. Ma politicamente ancora no". E qui torna Lenin. Fissata la strategia del tempo lungo, c'è da occuparsi di tattica "hic et nunc", come dice il presidente della Camera. La tattica impone di combattere, ancora, dentro il quadro delle alleanze consolidate, e dentro il perimetro del governo in carica. Ma ad alcune condizioni irrinunciabili: "So bene, e ho persino orrore a pronunciare il termine: "verifica". Ma è chiaro che a gennaio serve un confronto vero, che prende atto del fallimento del progetto iniziale ma che, magari in uno spettro meno largo di obiettivi, rifissa l'agenda su alcune emergenze oggettive. E viene incontro alle domande della società italiana, con scelte che devono avere una chiara leggibilità "di sinistra". So altrettanto bene che queste scelte devono essere assunte dall'intera coalizione. Ma stavolta, davvero hic Rhodus hic salta. Sul Welfare, come si è visto, la sinistra radicale non ha aperto nessuna crisi. Ciò non toglie che il governo ha ormai molto meno credito a sinistra di quanto non lo avesse qualche mese fa...".
Bertinotti rinuncia a fare l'elenco delle "centomila cose" su cui il centrosinistra ha rinunciato a imporre la sua visione ("dalla laicità dello Stato alla politica estera"). "Ma se si vuole tentare una nuova fase della vita del governo, vedo due terreni irrinunciabili: i salari e la precarietà". È soprattutto sui primi, che il "padre nobile" del Prc fonda il suo ultimo avviso a Prodi: "Dai sindacalisti a Draghi, tutti dicono che la questione salariale è intollerabile. Ebbene, io mi chiedo: questa denuncia induce il governo a prendere qualche iniziativa, oppure no? Il 65% dei lavoratori italiani è senza contratto: posso sapere se questo per il governo è un problema, oppure no? In Francia Sarkozy ha aperto un confronto molto aspro, lanciando l'abolizione delle 35 ore e dicendo che se lavori di più guadagni di più: posso sapere se in Italia, dai metalmeccanici ai giornalisti, il governo ritiene ancora difendibili i contratti nazionali di categoria, oppure no? Non c'è più la scala mobile, ma intanto i prezzi stanno aumentando in modo esponenziale: tu, governo, non solo non vuoi indicizzazioni, ma con la fissazione dell'inflazione programmata hai contribuito pesantemente a tenere bassi i salari. Dunque c'entri, eccome se c'entri. E allora, in attesa di sapere cosa farai sui prezzi, posso sapere cosa pensi del problema dei salari? E attenzione: qui non basta più ripetere banalmente che "bisogna rinnovare i contratti". Io voglio sapere se il governo ritiene giuste o meno le rivendicazioni. Voglio sapere se ritiene opportuno restituire il fiscal drag, o se invece si vuole assumere la responsabilità di continuare a non farlo. Insomma, io voglio una bussola. Voglio decisioni che rimettano il centrosinistra in sintonia con la parte più sofferente del Paese. Che altro devo dire? Ridateci Donat Cattin...".
Dunque, appuntamento a gennaio. Se Prodi non raccoglie, questo invito potrebbe essere davvero l'ultimo. Questione di tattica, che per la Cosa Rossa, prima o poi, dovrà necessariamente coincidere con la strategia. Ma allo stesso modo, per Bertinotti, la tattica offre un'altra formidabile opportunità, stavolta a tutto il sistema politico: il dialogo sulle riforme. Stavolta l'accordo è "una possibilità reale". Nei due poli "si è affermata una larga condivisione su due punti essenziali. Primo: l'attuale sistema istituzionale ed elettorale è un fattore di riproduzione della crisi politica. Dalla Finanziaria al Welfare, tutto dimostra che il bicameralismo perfetto non funziona più. Secondo: la lunga transizione dalla Prima Repubblica è fallita. La barca si è messa in moto nel '93, ma non ha raggiunto l'altra riva, è in mezzo al fiume e va alla deriva con un duplice difetto: le maggioranze coatte (buone per vincere ma non per governare) e il trasformismo endemico. Insomma, questo sistema bipolare è fallito, e tutte le forze politiche hanno capito che se non va in porto una riforma, la crisi istituzionale diventa inevitabile, e travolge tutto. Si apre un panorama da Quarta Repubblica francese".
Di qui la convergenza possibile su un nuovo sistema elettorale. "Il sistema proporzionale, con clausola di sbarramento e senza premio di maggioranza, è una soluzione ragionevole", sostiene Bertinotti. "Soprattutto, è coerente con l'evoluzione del quadro politico: il Pd, il Partito del popolo del Cavaliere, la Cosa Rossa, lo spazio al centro. Siamo in una fase costituente di nuove soggettività politiche. La legge elettorale che scegli non è più levatrice del cambiamento, ma è una sua conseguenza. Con il proporzionale torni alla ricostituzione di alcuni fondamenti di democrazia attiva, che sentiamo ormai vacillare. Torni alla radice della Costituzione di 40 anni fa, torni a individuare nei partiti il cardine del sistema. Sei dentro la nervatura della democrazia, che non può non fondarsi sulla rappresentanza".
A Rifondazione il ritorno al proporzionale è sempre piaciuto. Normale che il suo leader lo benedica. Meno normale, in questo clima di sospetti, è che benedica anche l'apertura del tavolo con Berlusconi: "Senta, qui bisognerà prima o poi che un certo centrosinistra decida se il Cavaliere è un protagonista della politica italiana, oppure no. Io, che al contrario di Blair considero quanto mai attuale il cleavage destra/sinistra, penso che lo sia. Penso che sia un animale politico, che muove da processi reali di una parte della società, che incorpora l'antipolitica ma dentro una soggettività politica, chiaramente di destra. E penso che Berlusconi abbia preso atto della crisi del sistema e della crisi del centrodestra. Dunque, se rileggo le sue mosse, considero attendibile che anche lui, stavolta, cerchi un accordo per rinnovare il quadro politico-istituzionale".
Via libera alle riforme, via libera alla trattativa con il Cavaliere. Anche in questo caso, Prodi non deve innervosirsi. Finalmente è passata l'idea che il dibattito sulla legge elettorale non pregiudica l'esistenza del governo. "Non ci sono due maggioranza diverse, una per il governo, una per la riforma, che si escludono l'una con l'altra". Ma certo, se vuole durare, il Professore deve imprimere una svolta fin dai primi giorni del 2008. In caso contrario, sarà davvero la fine. L'ultima battuta di Fausto dice tutto: "Come vedo Prodi, mi chiede? Con tutto il rispetto, di lui mi viene da dire quello che Flaiano disse di Cardarelli: è il più grande poeta morente...". Visse ancora alcuni anni. Ma gli ultimi furono terribili.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

SCHIZOFRENIA? NO, SVENDITA DELLA PROPRIA COSCIENZA di G. La Grassa

Dato che non intendo abbreviare le fatiche del lettore (preferisco non essere letto che esserlo da individui frettolosi e superficiali), parto da molto lontano, riferendomi ad un periodo fortemente drammatico che non ha (apparentemente) nulla a che vedere con la vile farsa messa in scena dalle forze politiche italiane odierne. Mi riferisco al 1914, nei mesi precedenti la “grande tragedia” (guerra mondiale), che comunque vide poi “sbocciare”, tre anni dopo, uno dei più grandi eventi della storia mondiale: la Rivoluzione d’ottobre. Si riunì a Zimmerwald l’Internazionale socialista e, in nome dell’internazionalismo della classe operaia (“proletari di tutto il mondo unitevi”), i vari partiti aderenti (i più importanti erano quelli dei paesi a capitalismo ormai sviluppato, quello europeo occidentale in particolare) giurarono di opporsi al macello in vista (macello non certo dei “borghesi” che l’avrebbero scatenato, ma a tutto carico dei lavoratori e del popolo in genere). Canto dell’Internazionale, bandiere rosse, impetuosi abbracci e lucciconi agli occhi, calore della fratellanza universale di quelli che sostenevano di rappresentare gli oppressi del mondo intero. Che momenti, che gioia, che fremiti d’orgoglio e di risolutezza! Vedrete come le borghesie tremeranno, sentiranno che il loro potere è al tramonto!

Tornarono a casa, i fetentoni, e passarono pochi “attimi di storia”: la stragrande maggioranza di questi ignobili rappresentanti di……. se stessi votò i crediti di guerra a favore dei governi di una borghesia, per nulla tremante, che se la rideva di loro e si fregava le mani pensando già ai succulenti profitti di guerra. Alcuni di questi maiali votarono perché già da tempo venduti ai dominanti, altri perché anche in periodo di guerra non si interrompono gli emolumenti dei parlamentari e delle altre cariche assunte in nome di elettori pure allora coglioni. Ci furono però quelli dei “mal di pancia”, quelli delle crisi “esistenziali”, quelli che si disperano e si pongono allo specchio recitando con gesti teatrali il “ma che cosa si può fare?”. In effetti – così fingevano di interrogarsi i vermoni – come era possibile lasciare il proprio popolo (di lavoratori, il “loro” popolo) disarmato di fronte all’assalto “nemico”? La risposta era semplice, ma i porconi non potevano darsela senza rinunciare alle loro prebende: il “nemico” erano altri lavoratori, mandati in guerra con la complicità dei loro sodali socialdemocratici venduti alle borghesie al potere nei paesi dello schieramento avverso. Perché le socialdemocrazie, le sinistre, sono sempre state, in ogni frangente storico, il covo dei peggiori rinnegati, dei peggiori traditori, di ogni tempo e luogo.

La sinistra è il più subdolo nemico dei popoli, dei lavoratori, perché appunto ha costantemente finto di “rappresentarli”, di guidarli contro la “classe nemica”, mentre era composta da stipendiati di questa classe; si è sempre trattato di sicari di bassa, infima, lega umana. A questi ti puoi rivolgere per i misfatti più terribili, perché sono quelli che stavano in basso ed ora, vendendosi (cioè vendendo il posto di “rappresentante” assegnato loro dai lavoratori), sono saliti in alto; figurati se hanno la minima intenzione di ridiscendere, sono pronti ad uccidere la madre piuttosto che ciò avvenga. Nessuno vuol rendersi conto che è fisiologico, strutturale, che i maiali di sinistra siano più sozzi e si avvoltolino nel truogolo ancor più degli “altri”. Possibile che la semplice esperienza quotidiana, unita a quella storica, non abbia ancora insegnato a nessuno dei “sottoposti” questa banale verità? La parte (maggioritaria) di popolazione priva di qualsiasi potere dovrebbe in ogni momento dell’anno, anzi della giornata, tenere il fucile puntato alla schiena dei suoi “rappresentanti”, o almeno il coltellaccio a 1 cm. dalla loro gola, per obbligarli a fare i suoi interessi, rinunciando ai lauti pagamenti degli oppressori.



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Veniamo adesso alla scadente pochade dei giorni nostri. Nessuna tragedia in vista, solo tanta difficoltà in più di “tirare avanti la baracca”. La vita non ce la rimetteremo; le nostre case non saranno distrutte dalle bombe, non arriveranno annunci di morte di parenti e amici. Riteniamoci dunque felici e contenti, e ridiamo della comica inscenata dai "fetentoni", sperando che arrivi presto “quella finale” e che essi possano essere mandati a "lavorar la terra". Ma adesso non sogniamo troppo.

La commedia di giovedì scorso è stata – per il momento – l’apice dello spettacolo “di sinistra” nell’Italia odierna. Diliberto (segretario del suo partito) e Sgobio hanno votato a favore del welfare (o forse del protocollo; scusate se non sto attento al particolare), mentre gli altri deputati dei “comunisti italiani” si sono astenuti per lanciare un serio avvertimento di insoddisfazione al Governo. Apriti Cielo; gli altri tre partitini della “cosa rossa” si sono incazzati, hanno paura che, con questo umoristico espediente, il loro alleato-concorrente possa magari prendersi lo 0,00000……1% in più di voti, portandolo via a loro. Nei giorni precedenti, tutti insieme appassionatamente hanno ceduto di schianto di fronte alla “pressione” di tre senatori “liberaldemocratici”; perché adesso qualcuno voleva far fessi gli altri? Questo si sono chiesti i “tre caballeros” della “cosa rossa” presi in contropiede dal Pdci.

Anche in occasione della rinuncia a difendere quanto strombazzato ai quattro venti, sol per salvare il “proprio” governo (minato da Dini) – la situazione è certo ridicola rispetto a quella del 1914, ma lo schema della sinistra è sempre il medesimo; sono talmente cani come attori che la loro recitazione non muta di una virgola nelle tragedie o nei vaudevilles – c’è chi si è rassegnato in prima battuta e chi ha detto “questa è la (pen)ultima che mi fai”: verifica, verifica a gennaio! Ma cosa volete verificare ancora: che siete dei meschini manutengoli dei potentati, lo si è già verificato cento volte.

Ci sono però gli angustiati, quelli del “ma che cosa si poteva fare?”; con la brillante versione di una senatrice-attrice (comica anche in teatro, ma con altri intenti umoristici e satirici tanti, tanti, anni fa, assieme al suo maritino anch’egli tristemente ingrigito e spento) che dice “voto contro la mia coscienza ma per il ‘mio’ governo”. Ho chiesto a psicologi amici come si può discutere con gli schizofrenici, ma mi hanno assicurato che è impossibile, si dovrebbe riuscire a comunicare con una loro parte soltanto. Come si fa con questi? Se ti avvicini da una parte, ti mostrano subito l’altra. Comunque, questi angustiati (ben pagati) hanno avuto anche un altro terribile dilemma da sciogliere, molto peggiore dell’Essere o non essere di Amleto: “Se votiamo a favore, non rispettiamo la volontà dei nostri elettori (i famosi lavoratori per cui manifestano e piangono tutto il tempo) e nemmeno il “programma dell’Unione” (quello di circa 300 pagine), forse nemmeno i 12 punti di quel ……di Prodi. Ma se votiamo contro, si va ad elezioni e viene su Berlusconi, che questi lavoratori chissà come li concia”.

Per evitare che li conci Berlusconi, li hanno conciati loro. In fondo, non ricordiamo l’“eroico” gesto dei coniugi Goebbels? Per evitare che i loro quattro bambini cadessero in mano al “disumano nemico”, li hanno ammazzati direttamente con “appropriati” colpi di pistola. Così si fa, mai lasciare al nemico i propri adepti, chissà come li tratta prima di eliminarli. Solo che i coniugi Goebbels, dopo aver ammazzato i bambini, hanno dato la morte a loro stessi. Invece – che strano – questi attorucoli da strapazzo, privi di quella grandezza tragica, non si sono suicidati o, dato che siamo nella pochade e non nella tragedia, almeno dimessi da parlamentari; “manco pe’ ggnente”, se ne stanno ancora lì, fregandosi le mani per lo scampato pericolo di perdere tutti gli scandalosi privilegi di cui godono.



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Questi squallidi personaggi, mentre Veltroni incontra Berlusconi, continuano ad urlare contro quest’ultimo “al lupo, al lupo!”, e intanto fanno quadrato attorno al governo di Intesa, al governo della lotta che si svolge per il controllo di Telecom, delle Generali, ecc.; al governo, insomma, che serve il famoso capitalismo simile alla “Chicago anni ‘20”. E, tenendolo in piedi, danno ai poteri finanziari e industrial-decotti – che cercano di stabilire fra loro, in sordo conflitto, nuovi rapporti di forza – tutto il tempo di fare i loro giochi, di preparare le trappole più convenienti, ecc. Nemmeno si accorgono, fra l’altro, che quando dicono “se va giù il governo, si rischiano nuove elezioni nel qual caso torna Berlusconi”, stanno bellamente ammettendo che, oggi come oggi, la maggioranza del popolo vuole nuovamente la destra al governo. Se fossero minimamente seri e onesti direbbero: “noi non siamo, in tutti i casi, per la democrazia elettorale, noi siamo convinti che a volte la maggioranza sbaglia, noi soltanto sappiamo quali sono i suoi veri interessi, siamo gli “illuminati”, i “saggi”, per cui accettiamo le elezioni solo quando la maggioranza dimostra di essere in sintonia con quanto diciamo noi”.

Questi "illusionisti" non dicono però nulla di tutto questo; gridano sempre alla democrazia, al volere del popolo, ecc. Del resto queste piccole forze di complemento al governo dei poteri finanziari e industrial-decotti non potrebbero mai verificare una coincidenza della maggioranza del popolo con le loro idee. Sono al massimo in grado – sfruttando, da una parte, residue nostalgie per un tempo ormai passato e, dall’altra, frange di disadattamento reale e comprensibile in una società in declino e sfilacciamento come la nostra – di raccogliere un 8-10 % di elettorato onde portarlo in dote a chi offre di più: oggi, appunto, i poteri parassitari di cui sopra, anch’essi in “storico” declino e che si dibattono per crepare il più tardi possibile (mandando intanto in dissesto l’intero paese).

Tra queste sinistre “marginali”, ci sono quelli che ancora si definiscono “comunisti”; e sono ovviamente i più disgustosi. Sarà perché io resto attaccato all’idea che il comunismo, in passato, ha rappresentato una forza politica e ideale, che ha realmente effettuato radicali tentativi di trasformare il mondo in meglio, ma è certo che oggi, di fronte ai “comunisti” che ancora dessero un solo voto a favore di questo governo infame, al servizio degli interessi del peggiore e più banditesco capitalismo occidentale, direi senza mezzi termini: “siete omuncoli senza dignità, smettetela di discutere di comunismo, di Lenin, di Rivoluzione d’ottobre. Forse potete ingannare qualche sopravvissuto, che non condanno perché crede in voi con spirito onesto e per le ancora calde emozioni di un passato glorioso. Ma voi, che ne approfittate per quattro scranni in Parlamento, per i famosi “trenta denari” di trista memoria, voi siete il peggio che abbia mostrato l’umanità nella sua intera storia, siete veramente autentici saprofiti, vi nutrite di ciò che è morto per ingannare e pervertire le coscienze”.

Per quanto mi riguarda, chiudo con una "ciurmaglia" del genere, non c’è nulla da ricavarci. E spero che altri infine capiscano che cos’è sempre stata storicamente la sinistra, e come siano da isolare e ghettizzare anche quei “comunisti” che sono ormai diventati mera sinistra. Non ne parliamo più e non parliamo più con questi rinnegati. A meno di una loro decisa, clamorosa, sincera autocritica, in cui si dichiarino pentiti di aver finora favorito i peggiori poteri capitalistico-finanziari italiani (legati a filo doppio con quelli USA) e rompano, senza più indugi né altre giravolte, con il governo, con la sinistra, costituendo una nuova forza; ma mai più di sinistra (né “di classe”, questa meschina menzogna per ritardati mentali, né d’altro genere). Deve essere una forza che ripensa tutto, che rompe con ogni briciola dell’ignobile tradizione delle sinistre, che si pone contro il capitalismo, ma innanzitutto, onde evitare ciance menzognere a bizzeffe, contro l’attuale establishment finanziario-industriale italiano, la parte più marcia del capitalismo. Questo è il minimo per dialogare!

Anonimo ha detto...

un gruppo dirigente serio
dopo un fallimento di questa portata dovrebbe convocare un congresso straordinario e presentare le proprie dimissioni

un altro mondo e' possibile?

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